martedì 29 novembre 2016

"Amali e l'albero" di Chiara Lorenzoni e Paolo Domeniconi, Giralangolo/Edt


"Nella valle tutti sapevano dell'Albero.
Senza foglie né radici.
Con il tronco nodoso, rami lunghi
e spogli come dita tese a graffiare il cielo.
Vagava nelle notti scure,
piangendo lente lacrime di resina,
alla ricerca di radici perdute."

Inizia così il bellissimo albo, che ha preso il premio Amnesty International (sezione italiana) Amali e l'albero, scritto da Chiara Lorenzoni e illustrato da Paolo Domeniconi, edito da Giralangolo/Edt (link qui).


Una pianta che ha perso le radici è qualcosa di anomalo, difficile da comprendere, di cui si ha paura.

Si ha sempre paura del diverso... E infatti, invano, l'Albero vaga tristemente "bussando alle finestre delle case", ma nessuno lo ascolta o risponde alle sue domande. Finché non incontra Amali.


Amali è una bambina, ma sa già cosa vuol dire aver perso le radici. Ha "occhi limpidi e neri", ha viaggiato a lungo su un barcone con i suoi genitori, per arrivare in quel posto. Sa cosa vuol dire aver perso una casa e insieme a essa, i dolci profumi di cacao e spezie del luogo in cui è nata, i colori del deserto, gli spazi aperti.


L'empatia di Amali è immediata. Esce di casa a piedi scalzi per incontrare l'Albero che non è più abituato a tanta tenerezza e "a mani gentili" che lo accarezzano.


L'Albero senza radici non ha un posto nel mondo, non sa chi è. Sarà proprio Amali, che un tempo aveva tanta paura ma ora ha ritrovato gioia e speranza, a fornire alla sua domanda straziante questa risposta "Il cielo è uno solo e abbraccia tutti i posti e tutti i paesi del mondo. Guarda le stelle, Albero, brillano allo stesso modo sopra le teste di tutti." E grazie a quelle dolci parole piene di speranza, a quell'amore profondo, a quella risposta venuta dal cuore, alla compassione, l'Albero finalmente troverà dove mettere radici e rifiorire.


Un albo pieno di speranza e fiducia, che riempie il cuore, anche dei più piccoli. Un modo allo stesso tempo poetico ma denso di significati (a seconda dell'età a cui viene proposto) per raccontare cosa si prova a lasciare tutto e a ritrovare la gioia di ricominciare, a ritrovare il proprio posto nel mondo.

"Natale su tutti i piani" di Marie-Aude Murail e Boiry, Camelozampa


Manca poco meno di un mese al giorno più amato da tutti i bambini e "Natale su tutti i piani" (qui il link alla scheda e al booktrailer) della scrittrice francese Marie-Aude Murail, illustrato da Boiry (pseudonimo di Véronique Cau), edito da Camelozampa, riporta grandi e piccini a un'atmosfera lontana nel tempo, di dickensiana memoria. Non a caso l'autrice ha dichiarato spesso di essere una fan di Dickens, che l'ha fatta innamorare della lettura (qui il suo intervento a Mare di Libri).

Proprio all'amore della lettura è dedicato questo poetico racconto che ci porta nel 1843 e ci fa entrare nella casa di due giovani orfani, Jeanne, 16 anni, e suo fratello Hugues, che diventa sempre più debole ogni anno che passa e i cui "9 anni tremolano come la fiamma di una candela".

Jeanne per vivere fa la sarta, come sua madre, ma oltre a dover sbancare il lunario e cercare di mandare avanti la casa, ha un enorme peso sulla coscienza. Ha infatti promesso al fratello che gli avrebbe insegnato a leggere, ma anche lei è analfabeta.

Destino vuole che proprio nella casa del primo piano, dove regnano opulenza e maleducazione, Jeanne - dove deve consegnare due soprabiti per i figli dei Lenormand - trovi un piccolo tesoro: un libro lanciato e abbandonato dal paffuto Ferdinand, che trova noioso leggere in vacanza, ne fa cadere ai suoi piedi un altro "nel bel mezzo dei soprabiti buttati a terra durante la prova". La tentazione è troppo forte e l'idea di portare gioia al fratello che non desidera altro è grande. Infatti "Hugues ha fame di libri".

Nonostante si senta una ladra, al vedere una fiamma riaccesa negli occhi del fratello malato, che "con gesto appassionato stringe il libro al petto magro", la giovane sa di aver fatto bene.
Solo, chi li potrà aiutare a decifrare quelle lettere sconosciute?


Sotto invito del fratello Jeanne si fa coraggio e chiede un aiuto a Paul, un giovane medico che passa le sue serate a divertirsi, ma non smette di essere galante quando la incontra sul pianerottolo perché nonostante tutto "è un sognatore". Non solo le legge il titolo del libro, ma le sarà di grande aiuto quando, la ragazza si troverà in difficoltà dai Lenormand, che sono in cerca del volume perduto, non svelando il suo segreto.

Il Natale è alle porte.
Nel caseggiato regna l'allegria, solo nella mansarda dei ragazzi l'aria è pesante. Jeanne vorrebbe festeggiare e pensa che per rallegrare il fratello di preparare un vero cenone. Ma i soldi scarseggiano.

Per questo vende il volume tanto prezioso. Si accorgerà presto che il fratello aveva fame e sete di sapere, non di cibo, e al pensiero di essere senza il libro, si lascia cadere apatico nel letto.

La situazione sembra precipitare, ma in soccorso verrà proprio il giovane Paul. Non solo il giovane medico ristabilirà le sorti di Hugues, facendolo pian piano tornare in salute, ma entrerà per sempre nella vita e nel cuore dei due ragazzi, grazie ai libri e alla scrittura.

Un libro da leggere e gustare, specie di questi tempi in cui la lettura non è spesso considerata così importante; è un invito a farsi conquistare dalle storie, a credere nel potere salvifico dei libri e nel valore delle cose davvero preziose.

martedì 22 novembre 2016

VI incontro della Rete/ Seminare sogni negli spazi aperti delle scuole, la parola a Paola Tonelli


Lo scorso 22 ottobre, Paola Tonelli, formatrice, che ha lavorato per tantissimi anni al Comune di Roma e ha fatto parte del MCE (Movimento di Cooperazione Educativa), ha parlato di “Seminare sogni negli spazi aperti delle scuole” nell'ambito della sessione plenaria del VI incontro nazionale della Rete di Cooperazione educativa C'è speranza se accade @ (qui link all'introduzione, qui link al sito della Rete dove trovate approfondimenti al convegno e alle "stanze" organizzate nel corso dei due giorni).
Nelle parti tra virgolette e in corsivo riporto brani estratti dal suo discorso, perché Paola Tonelli non solo è capace di creare riflessioni e suggestioni, ma incanta anche con le parole.



Ha iniziato subito, emozionando la platea, dicendo che non si può seminare futuro se non si riesce a sognarlo almeno un po'. Così, intorno all'idea del sogno, ha costruito l'intervento. Per molti anni è stata insegnante nelle scuole d'infanzia nel Comune di Roma (seguendo anche classi con 34 bambini), ha maturato una grande esperienza e, soprattutto, conosce la fatica degli educatori.

Da molto tempo è impegnata per offrire ai bambini che vivono nelle grandi metropoli la possibilità di non crescere completamente staccati dalla natura e dai suoi materiali ed elementi. Perché se da un lato, fortunatamente, negli ultimi anni delle innovazioni interessanti si stanno facendo strada, sia nel Nord d'Europa, sia in Italia (asili nel bosco e agri-nidi ), dall'altro in molte grandi città del nostro Paese si verifica quotidianamente quello che ha denominato come un triste “giro dell'oca” che riguarda migliaia di bambini (solo a Roma, i bambini delle scuole d'infanzia comunali sono circa 32mila, quelli dei nidi comunali 12mila, quelli dei nidi convenzionati sono 7mila... si arriva a quasi 50mila bambini senza contare quelli che vanno nelle scuole statali o alla primaria).

"Si tratta di un'immensa popolazione bambina che spesso trascorre le giornate chiusa tra i muri e inscatolata in spazi chiusiCosa, quotidianamente, aspetta questi bambini? Passare tutto il giorno da una "scatola" all'altra: che si tratti della casa, dell'auto, della scuola, della sezione (più o meno bella); e di nuovo auto, casa, camera, televisione..."



Dora Kalff (1904-1990), psicologa junghiana allieva diretta di Jung (qui link a una breve biografia), di cui ha seguito un corso a Zurigo, le ha fatto comprendere l'importanza del “contatto diretto con la natura”,  smuovendo una serie di riflessioni che hanno avviato in lei un percorso molto lungo. Ecco le parole della Kalff, raccolte di persona da Paola Tonelli, che ne ha fatto dono alla Rete di Cooperazione educativa “Oggi noi siamo allontanati dagli elementi naturali, siamo immersi in un mondo di parole, di oggetti, macchine, e allontanati dalle nostre emozioni. È importante il contatto con gli elementi; per riprendere il contatto con le nostre emozioni non si può, non si deve eliminare lo sviluppo della tecnica, ma il nostro rapporto con essa può essere nutrito attraverso il contatto con la natura.
In un inciso - che apprezzo molto - ha detto "Sono sempre grata alle persone che mi hanno insegnato qualcosa - e le cita sempre (! ndr) - come al Movimento di Cooperazione Educativa, perché è stata la mia vera scuola."


Dunque, la realtà delle scuole, è povera, con le ovvie eccezioni. I bambini dopo questo gioco dell'oca, possono trovarsi qui: in un cortile d’asfalto. Mostra alla platea una foto (sopra) di Marianna Vaccaluzzo, "che ha uno sguardo molto attento ai bambini", la propone come un simbolo di quello che succede a chi frequenta numerose scuole di città. Vuole affrontare il tema della natura con un taglio provocatorio, vuole partire dalle realtà povere, come quella della foto, perché molti bambini le abitano per molte ore e per molti giorni.

Presenta l’immagine di un grande spazio aperto: "Ecco il cortile di una grande scuola del centro di Roma, qui scendono per giocare molte classi: lo spazio asfaltato è dedicato a loro (quello dove ci sono le piante è destinato a una biblioteca).” 

Ha fatto un'intervista a due bambini che ci ripropone. “Perché un’intervista? perché i bambini, spesso poco ascoltati, amano moltissimo raccontare, rispondere a domande. Le considero uno strumento prezioso da utilizzare. Ritengo importantissimo cercare-rilanciare strumenti semplici dal punto di vista organizzativo.  Si è diffusa (si fa per dire perché ho sempre in mente le migliaia di bambini che ne sono esclusi) la Progettazione Partecipata con cui si cerca di coinvolgerli nella progettazione dei loro spazi aperti.  Pur ritenendola molto interessante la sento troppo complessa per la maggior parte delle scuole. 

Le interviste, al contrario, sono molto più semplici, non richiedono un’organizzazione complessa, non si fanno alla massa di bambini ma a piccolissimi gruppi (o a singoli o coppie) in cui tutti possono esprimersi. Sono benefiche perché permettono loro di aprirsi, di pensare, di esprimersi. Si possono realizzare subito e in ogni realtà, possono dare ottimi frutti. Sono benefiche anche per gli  adulti che imparano e riescono a conoscere i pensieri più silenziosi-sepolti dei loro alunni.”
STRALCIO dell’INTERVISTA:
Domanda - Come chiamate questo spazio?
Risposta - Primo bambino: “Lo chiamiamo cortile”, l'altro: “Lo chiamiamo giardino”
D - Vi piace andare in cortile, giardino?
R - In coro “Certo”!
D - Perché?
R - Perché in classe non si può correre, si fa la ricreazione seduti
D - Perché?
R - Perché si menano ed esce il sangue. 
D - Da dove esce il sangue?
R - Dal naso o dal labbro...
D - Dove vi piace più giocare in questo posto?
R - Chiacchieriamo dove ci sono i due alberelli (in fondo), è uno spazio per le chiacchiere, per sederci ci sono due palloni di pietra, alcuni si arrampicano sugli alberelli, andiamo dietro ai palloni di pietra quando le maestre non ci vedono, se ci vedono ci dicono di non andare perché ci sono le trappole per i topi, per sederci abbiamo anche un angoletto di prato finto.
Paola Tonelli ha sottolineato come questi sia i pensieri di bambini sani, che stanno bene. Ha sottolineato "Questo però è il mondo che offriamo e loro, non conoscendo altro, lo vedono bello e amano frequentarlo (quando è loro concesso) ."

Continuando il discorso ha ricordato che "Anche l'arte  ha iniziato a parlarne ed è preziosa perché può aiutare ad aprire spazio alla riflessione e alla ricerca. Compito dell'arte è provocare, accendere il dibattito. Come l'installazione (sotto) di Edward Kienholz, un artista americano che ha lavorato sulle criticità della società contemporanea."



Ma come affrontare tutto ciò?
Un problema che Paola Tonelli ha riscontrato nei corsi di formazione è che: "Gli adulti, prigionieri di procedure e divieti, sentono possibili solo piccoli movimenti che si rivelano spesso impotenti. I bambini, a loro volta, vengono travolti da richieste  e legati alle sedie nelle aule, anche loro si sentono prigionieri."

E propone alla platea "Se ci fermassimo a pensare fuori da ogni schema?"

Ho scelto di non dare consigli ma di offrire delle provocazioni, farò degli esempi strani, a volte molto strani, forse folli ma che, spero, aprano la mente al possibile e ogni realtà ha il suo possibile. Ogni possibile innovazione richiede un poco di tempo per prendere corpo: alcune richiedono anni, altre mesi.  Dobbiamo tutti sognare e, allo stesso tempo, essere anche consapevoli che ci sono sogni a lungo termine e sogni a breve termine. Per non perderci molti bambini e molti insegnanti bisogna lavorare su entrambi i tempi."



"È urgente uscire dagli schemi, come suggerisce il gioco dei Nove punti, ove si invitano le persone a unire tutti i punti senza mai staccare la matita dal foglio e utilizzando solo quattro linee rette. La maggior parte dei giocatori si arrovella e poi si arrende: è impossibile con solo 4 linee unire i 9 punti blu. La soluzione c'è. Ma bisogna uscire dai bordi come si può vedere nell’immagine riportata (le istruzioni non lo impediscono).

Questo gioco mostra che a volte di fronte a un problema ci blocchiamo per via di limitazioni indotte da noi stessi. Si può provare a trasferire questa verità nella vita quotidiana. I nostri “autoinganni” potrebbero impedirci di agire in un determinato modo. Ogni realtà ha i suoi vincoli e ognuno deve esserne consapevole.”

“Due errori sono da evitare: 
  1. pensare di poter trasformare il proprio spazio aperto in uno simile a quello delle scuole svedesi, finlandesi; in certe realtà ci sono vincoli che impongono di essere guardati con realismo. Pur credendo nell’importanza del sogno sono consapevole che inseguire un’utopia completamente sganciata dalla propria realtà può, paradossalmente, bloccare tutto. Per essere più chiara: la grande scuola di cui ho parlato prima dovrà partire con gli occhi al suo spazio aperto tutt’altro che finlandese.
  2. Evitare con molta attenzione ogni forma di improvvisazione perché anche le idee folli richiedono progettazione. L’improvvisazione è pericolosa e, a sua volta, può bloccare il cambiamento.
Ci sono due categorie di spazi aperti difficili: il cortile sterrato, che è più vantaggioso (“sterrato”, fondo naturale con sassi ed erba), e il cortile cementificato o il terrazzo al terzo piano.

Mi fermerò maggiormente su questo secondo tipo di spazi  perché è qui che vivono male molti bambini, è qui che deve partire la follia, il pensiero divergente.
Cominciamo dalle basi, da ciò che è a portata di mano ma inutilizzato. Partiamo da ciò che, addirittura, c’è nei nostri cortili cittadini, c’è anche in quelli svedesi-finlandesi, c’è ma non lo prendiamo in considerazione perché non lo riteniamo interessante e utile per lo scopo di avvicinare i nostri alunni alla natura.

Mi riferisco alla nebbia, al vento, alla pioggia, alle pozzanghere che vengono dopo la pioggia e sotto il sole. Porterò molti esempi di iniziative possibili a costo zero: un invito ad armarsi di coraggio per regalare ai bambini queste avventure. Non si può dimenticare che l'aumento del bullismo sembra favorito, tra le altre cause, dalla mancanza di esperienze avventurose. Allora cominciamo a pensarci con determinazione: per fare questo tipo di regali ai nostri bambini possono bastare una giacca a vento, una sciarpa e l’ombrello se cadono alcune gocce. Mi fa piacere ricordare un testo antesignano che è uscito nella preziosa collana diretta da Andrea Canevaro I bambini hanno bisogno di avventura” di Thomas Lang (Red edizioni, 1998).

Su questo tema possiamo attingere molto dalle famose scuole nordiche di cui sogniamo gli spazi aperti e mentre li sogniamo, restiamo murati in classe. Come si comportano con la pioggia gli svedesi, i finlandesi? Cominciamo allora a utilizzare la pioggia come fanno loro. Impariamo anche dai primi gradini della nostra scuola: dai nidi e dalle scuole dell’infanzia. Qui, in molte realtà si è osato di più. È tutta questione di organizzazione.” 

La nebbia
 

"Quando ero piccola il campo davanti a casa, in campagna, era conosciuto, lo avevo percorso tante volte. Un giorno è scomparso, come un avvolto in un filo sottile e morbido, conoscendolo mi ci sono gettata dentro, assaporando questo vedere e non vedere, questo apparire e scomparire nel bianco un po' umido. Anche a scuola i bambini conoscono perfettamente i cortili e i loro spazi aperti. Allora, quando arriva questo fumo sottile, se il cortile non è troppo piccolo, regaliamo ai bambini l'avventura della nebbia, bastano una giacca a vento e una sciarpa.”

Ritorno all'arte: ci sono installazioni che ricreano la nebbia: segno che è diventata preziosa perché quando possiamo la evitiamo, la teniamo a distanza. Tutto ciò che è raro, diventa prezioso. Abbiamo bisogno di un'opera d'arte per entrare nella nebbia con piacere?"


Installazione di Olafur Eliasson, a Versailles.

Il vento
"Quando c'è, stiamo chiusi dentro e, in città, corriamo il rischio di dimenticarcelo. Si può giocare con il vento utilizzando i palloncini, un aquilone (se c'è il tempo per costruirli), oppure anche con i nastri. Stare fermi, sentirlo sulla faccia, correrci dentro fa tanta allegria."

La pioggia
"Su questo tema prendiamo spunti dal Nord. È tutta questione di attrezzatura: caloche e ombrelli, oppure anche la cuffia da bagno in testa (idea del Nido Grillo Giò: così i bambini hanno le mani libere)." 
Ricorda a tutti che dobbiamo essere sempre grati a chi ci regala un'idea.



Le pozze stagnanti
“Anche in un cortile dopo la pioggia si formano le pozze: se poniamo lo sguardo sul bambino  (ha mostrato un'altra foto, qui sotto, di Marianna Vaccaluzzo), che osserva l'acqua, ci rendiamo conto che anche l’incontro con la pozzanghera può trasformarsi in un'esperienza bellissima.” 

Foto di Marianna Vaccaluzzo.

Lei è riuscita a ricreare le pozzanghere nel cortile sterrato. È stato difficile. Ma il desiderio era così forte da non impedirlo.

Ha sottolineato come queste immagini di bambini a contatto con l'acqua, a volte un poco fangosa, non facciano effetto se si fa riferimento alle scuole del bosco, ma "scandalizzano" se le riportiamo alla dimensione del cortile in città. Ha ricordato come sia sempre una questione di organizzazione (e volontà).


Trasformare i cortili con poco
" Per evitare le corse pazze dei polli in gabbia i bambini hanno bisogno anche di oggetti nello spazio. Lo dimostra la bellissima esperienza dei parchi Robinson, nati a Ivrea a opera della Olivetti per i figli dei suoi operai nei mesi estivi: si trattava di spazi sterrati e abbandonati dove c'erano materiali di scarto L’ispirazione arrivò, anche allora, dai Paesi del Nord Europa."  

Ha lavorato supportata dalle ricerche di André Lapierre che diceva "date ai bambini gli oggetti in mano, lasciate loro più a lungo quelli che conoscono di meno, osservate le loro idee e rilanciatele."

Ha poi presentato numerosi idee fuori dagli schemi che prevedono l’utilizzo di materiali mobili, non costosi, che è possibile portare all’aperto per ampliare le possibilità di gioco e di esperienze: tronchi, sedie, scatoloni, gessi …



Vicino alla scuola
“Quando il cortile è di asfalto ci sono poi le opportunità del territorio circostante, opportunità raggiungibili a piedi. Più volte, nei corsi di formazione, ho suggerito di cercare ambienti gradevoli, naturali e vicini. Se si fa attenzione, se si butta lì il pensiero, se ne possono trovare anche nelle grandi città. Un esempio: alcune scuole del centro di Roma sono vicinissime a villa Ada che ha prati bellissimi e, in primavera, bianchi di margherite. Queste uscite presentano molti vantaggi: non costano, possono essere più numerose di quelle gite che con il bus portano i bambini alle fattorie didattiche. Con tutto il rispetto per chi ci lavora, segnalo che non sempre sono esperienze utili per bimbi cittadini. Metterli a fare la marmellata seduti intorno a un tavolo vuol dire riproporre un’esperienza che potrebbero fare anche al chiuso a scuola o a casa con la nonna/mamma.. e siamo da capo: li mettiamo a sedere! 

Una scuola dell’Infanzia di Roma è riuscita a portare periodicamente I bambini presso la scuola nel bosco: di questo hanno bisogno, non di fare marmellata."



“I bambini ci indicano la strada quando in un cortile asfaltato vanno a cercare l’erba che spunta coraggiosa tra le fessure o vicino ai tombini. 

Hanno bisogno del nostro aiuto: dobbiamo cercare di spaccare l'asfalto per far fiorire i nostri cortili. Non possiamo aspettare troppo. Solo se abbiamo dei sogni riusciremo a farlo."

Per approfondire potete leggere il libro "Usciamo all'apertoPortare i bambini di 0/6 anni a contatto con la natura e le sue meraviglie anche in città", Anicia editore, Roma settembre 2015 (qui).
Per contattare direttamente Paola Tonelli potete scriverle: mptonelli@libero.it

martedì 15 novembre 2016

Concorso “Illustrazioni in movimento” bandito da Emmi's Care ed Edufrog aps



C'è tempo fino al 10 gennaio 2017 per partecipare al concorso “Illustrazioni in movimento”, lanciato dalle associazioni Emmi's Care (link qui) ed Edufrog aps (link qui). Ai candidati viene chiesto di proporre una reinterpretazione, con qualsiasi tecnica, dell’illustrazione di Klara Pap proposta nel bando, realizzata per documentare il naturale movimento del bambino (in questo caso: una sequenza di posizioni fluidamente messe in campo per ripristinare nuove transitorie condizioni di equilibrio, in vista di quella eretta). Il concorso, aperto a illustratori di ogni età e qualsiasi nazionalità, vuol rendere omaggio alla pediatra ungherese Emmi Pikler e al suo lavoro presso il centro Lòczy, da lei progettato e diretto su incarico del governo ungherese.

La diffusione dei risultati prodotti dagli studi longitudinali che la dottoressa ha condotta con centinaia di bambini ha avuto tanta efficacia anche grazie al contributo di Klara Pap che ha riprodotto, attraverso le sue illustrazioni dal vivo, il naturale sviluppo motorio nei primi anni di vita.

La valutazione delle tavole sarà affidata a una giuria di esperti del settore della letteratura per l'infanzia, dello sviluppo del bambino e delle dinamiche sociali: Francesca Archinto (Babalibri); Fausta Orecchio (Orecchio Acerbo); Stefano Laffi (Codici ricerca e intervento); Francesca Romana Grasso (Edufrog aps) e Alice Gregori (Emmi’s Care).

Il bando è scaricabile qui (www.pikler.it).

Da sinistra, la pedagogista Francesca Romana Grasso e la psicomotricista Alice Gregori.
Per saperne qualcosa in più, ho intervistato le due ideatrici del concorso, la pedagogista Francesca Romana Grasso e la psicomotricista Alice Gregori (anche se ne è parlato già molto, per esempio i Topipittori hanno ospitato sul loro blog un intervento di Francesca Romana Grasso che trovate qui).

Com'è nata l'idea del concorso?
Francesca Romana Grasso Da quando ci siamo conosciute ormai tre anni fa, nel corso di un seminario in cui facevamo colloquiare Emmi Pickler (qui) con Maria Montessori (qui), con Elinor Goldschmied (qui), Jella Lepmann (qui) e Bruno Munari (qui) da subito abbiamo iniziato a condividere l'importanza di fare dialogare le immagini con le parole.

Negli anni, mi sono resa conto di quanto sia utile alternare, a volte, l'uso delle immagini alle spiegazioni e alle esperienze in diretta, per stimolare le domande “in maniera più garbata”, senza invadere le sensibilità altrui: le immagini parlano infatti a molteplici livelli e si imprimono, favorendo una persistenza di informazioni che agevola un andamento "spiraliforme" della riflessione, ne conseguono ponderazioni più puntuali e rispettose dei tempi di ciascuno. In seguito, questa è divenuta la “cifra” specifica del mio stile comunicativo: sia durante la formazione sia quando mi invitano a trattare un tema, costruisco i miei interventi facendo dialogare immagini e parole secondo la grammatica dell'albo illustrato, talvolta per frizione, talaltra per rinforzo, con ritmo che mira a spiazzare gli adulti, allo scopo di sollecitare visioni critiche da molteplici punti di vista...

Alice ha compreso tra le prime la natura del mio approccio, quindi, è venuta spontanea, un anno dopo, l'idea di sostenere giovani illustratori con un apposito bando. Nel corso del tempo, anche in seguito alle esperienze condivise e maturate insieme, il progetto iniziale ha subito un'evoluzione ulteriore, tanto che abbiamo pensato di non rivolgerci esclusivamente a giovani illustratori ma dare rilevanza a un dialogo ampio tra professionisti (es. pedagogisti e psicomotricisti) e illustratori, più o meno noti, che generalmente non hanno modo di mettersi in relazione.
L'obiettivo finale è, appunto, quello di far incontrare tutti coloro che a vario titolo si occupano di infanzia: illustratori, editori, pedagogisti, psicomotricisti, pediatri, bibliotecari, librai... e, in senso più ampio, l'intera cittadinanza.

Da sinistra, Alice Gregori e Francesca Romana Grasso.
Questo in che modo?
Francesca Romana Grasso
Abbiamo deciso di investire più energie in un bando di idee per illustratori, che potesse risultare attraente anche ai professionisti (il premio economico è più consistente, ndr), selezionare - attraverso una giuria specializzata - una tavola vincitrice e altre tavole che confluiranno in una mostra itinerante, che sarà accompagnata da interventi (a volte conferenze, a volte seminari), che si rivolgeranno a un pubblico misto, di genitori e specialisti.
Ci preme stabilire un rapporto privilegiato sia con il mondo della pediatria, sia con quello delle biblioteche e delle librerie e abbiamo immaginato che questa potesse essere una buona via per ampliare le relazioni.

Alice Gregori Se posso aggiungere, una delle motivazioni che ci hanno spinto a realizzare il premio - essendo due appassionate della ricercatrice ungherese, a cui dobbiamo molto come professioniste - è stato quella di dedicare un piccolo tributo a Emmi Pikler - e all'illustratrice Klara Pat - poiché in questi anni di lavoro ci siamo concentrate molto sul movimento libero del bambino, grazie al suo fondamentale contributo e al suo sguardo (senza dimenticare le osservazioni degli altri autori - che Francesca ha citato prima - che per noi rappresentano veri e propri “fari”, che guidano il nostro approccio).

Francesca Romana Grasso Attraverso la mostra vorremmo “catturare” sia l'attenzione dei pediatri, sia di tutte le realtà che ruotano intorno a determinati temi che a noi stanno a cuore (per avere un'idea potete consultare qui il Manifesto delle alleanze educative e di cura che è stato redatto “a quattro mani” da Francesca Romana Grasso e Alice Gregori, ndr ), per avviare proprio un movimento dal basso con cui costruire un sodalizio a livello educativo.

(Ci tengo a sottolineare che, anche se dal di fuori non appare, il bando – senza scopo di lucro - ha una serie di costi sostenuti in pieno dalle due associazioni che queste due professioniste appassionate hanno messo in piedi con le proprie forze o cercando di coinvolgere alcuni sponsor, ndr.)


Quindi dopo il bando cosa succederà?
Francesca Romana Grasso Per ora abbiamo "lanciato" il concorso e fissato un incontro che si terrà in occasione della Fiera di Bologna durante il quale, oltre alla presentazione della prima edizione del bando, insieme alla giuria al completo, vorremmo riuscire a far dialogare professionisti diversi intorno a tematiche pedagogiche legate ai bisogni profondi dei bambini.

Stanno già arrivando le prime tavole e siamo molte curiose di sapere chi ci risponderà.

Vogliamo creare un'opportunità per far confrontare i pedagogisti con gli illustratori, cercando di valorizzare la creatività di quest'ultimi. Prima di stendere il bando, ci siamo consultate con diversi esperti e siamo soddisfatte del risultato. Innanzitutto desideriamo che gli illustratori si sentano in tutto e per tutto rispettati...

Alice Gregori Infatti non chiediamo un costo di iscrizione, né l'invio di tavole originali - sapendo quanto quale ansia possa essere in un artista la mancata restituzione di una tavola- chiediamo pertanto di inviare buone copie e solo quelli selezionati saranno invitati a spedirci le tavole originali).

Illustrazione tratta da: Cho Won hee, I giganti e le formiche, Orecchio acerbo.

Illustrazione tratta da: Jan Ormerod, 101 Things to do with a Baby, Little Hare,
Illustrazione tratta da: Quentin Blake, ClownRed Fox.

Francesca Romana Grasso
Da parte nostra vogliamo richiamare l'attenzione su alcuni aspetti per noi molto preziosi, che talvolta mettono in difficoltà alcuni illustratori: disegnare un bambino è già di per sé riconosciuto da molti piuttosto complesso, farlo con puntualità, in situazione di movimento, pone ostacoli aggiuntivi che non sempre trovano una soluzione pienamente convincente.

Nel bando abbiamo chiesto di rivisitare una illustrazione specifica, proprio per orientare lo sguardo sui micromovimenti del bambino, per sensibilizzare l'attenzione degli artisti nella sua rappresentazione. Siamo ben felici di ricevere contributi con stili molto diversi, perché gli illustratori, attraverso la loro sensibilità e creatività, ci restituiscano la loro visione, che può essere molto utile a chi, come noi, si adopera per sensibilizzare gli adulti sull'importanza di riconoscere e accogliere i bisogni dei bambini, anche quelli motori, con particolare riferimento alle microvariazioni posturali e di equilibrio. Quanto più saranno diversi i linguaggi, tanto più riusciremo ad arrivare a una mostra che presenta una grande varietà di persone, diverse per gusti e strumenti di lettura.

Con questo bando ci teniamo a sottolineare al tempo stesso sia che l'arte ha un valore anche economico sia evidenziare che accogliere il libero movimento del bambino è una cosa completamente diversa dal favorire lo spontaneismo; anzi, ogni volta che si da libertà, la regia educativa dell'adulto deve essere molto consapevole.


Avete consigli o suggerimenti per gli illustratori?
Alice Gregori già nella pagina del bando abbiamo indicato link e indicazioni bibliografiche per poter approfondire la figura di Emmi Pikler e il suo lavoro; una visione d'insieme delle diverse tavole probabilmente aiuterà gli illustratori a soffermarsi sull'importanza dei piccoli movimenti intermedi tra una postura e l'altra , acquisizione che permetterà loro di capire con precisione dove desideriamo richiamare l'attenzione.

Nella nostra cultura è raro osservare queste modalità di cambio posturali prima che il bambino cammini autonomamente, perché è abitudine dell’adulto anticipare e aiutare il bambino a stare in piedi e a iniziare a camminare, ponendogli le mani come appoggio o come possibilità di aggrapparsi.
Nell’illustrazione selezionata, invece, il bambino si mette in piedi e torna a terra, senza aggrapparsi o appoggiarsi a cose o persone. Dalla posizione a quattro zampe, con le gambe leggermente flesse e divaricate, lentamente inizia ad alzare il busto e ad allargare le braccia.
Durante il cambio posturale, mantiene le gambe semi flesse e, di conseguenza, il baricentro più basso che gli garantisce un equilibrio stabile. La schiena è dritta e la testa segue fluidamente il movimento del corpo. Raggiunta la posizione in piedi, le gambe risultano meno flesse, le braccia si avvicinano al corpo e il capo è dritto. Da questa posizione il bambino sa, autonomamente, ritornare alla posizione di partenza.

Il nostro auspicio è promuovere la conoscenza dell'esperienza svolta dalla ricercatrice ungherese: noi abbiamo fornito alcune indicazioni a partire dai nostri approfondimenti, ma vorremmo attivare anche nuove strade, chissà!

Poiché sono arrivate quasi subito diverse domande, su come realizzare l'illustrazione, abbiamo aperto una pagina delle Faq. Siamo rimaste molto colpite dall'idea che un illustratore possa coltivare, attraverso questa esperienza, la consapevolezza di come illustrare il libero movimento di un bambino.

Francesca Romana Grasso Gli illustratori le cui tavole verranno selezionate per la mostra potranno partecipare a un seminario specifico sullo sviluppo motorio del bambino e questo va nella direzione di costruire un dialogo e uno scambio di vedute sempre più consapevoli sul tema, anche perché viviamo in una cultura che, di base, non rispetta i movimenti indicati da Emmi Pikler, non li riconosce proprio poiché lo sguardo non è allenato a vederli e la lingua non è esercitata a nominarne le singole caratteristiche fondamentali.

Con questo bando, vorremmo contribuire ad affermare che il lavoro culturale e quello educativo devono essere riconosciuti adeguatamente, dal punto di vista economico, funzionale (possibilità di accedere a occasioni di aggiornamento e supervisione/consulenza), sociale.

L'illustrazione di Mariana Chiesa per il Manifesto Alleanze educative e di cura.

Questo progetto è l'ultimo di un connubio ben riuscito....

Francesca Romana Grasso Direi proprio di sì, tanto che per bandire questo concorso ho reputato alla fine opportuno creare l'associazione Edufrog aps, poiché per scelta abbiamo sempre “messo in cantiere” tutte le azioni realizzate con la doppia titolarità: associazione Emmi's care ed Edufrog. Dopo tre anni in cui, in completa sintonia, abbiamo realizzato iniziative quali Family Care (qui), e altre - che stanno sorgendo intorno al nostro Manifesto di alleanze educative e di cura – che sono sempre attività che rientrano nell'ambito non profit. In questi anni abbiamo incontrato molte persone che hanno concretamente operato per supportare i nostri progetti e ci sembrava opportuno valorizzare i contributi di ogni persona che ci consente di fare andare avanti le nostre idee.

Alice Gregori Abbiamo impiegato molto tempo per lavorare al concorso; in base ai risultati si vedranno gli sviluppi futuri. Preferiamo procedere con cautela, in relazione ai risultati ottenuti. C'è da dire che c'è sempre stato il rispetto delle nostre identità, non solo per la professione; forse la cautela è stata la nostra chiave vincente: mantenere una rete di relazioni, facendola diventare, al tempo stesso, sempre più solida.

Francesca Romana Grasso È successo, per esempio, con Family Care che, partito in sordina, è ora arrivato alla terza edizione sotto forma di festival, articolato in due giorni: si tratta di un impegno annuale che assorbe tantissime energie, perché il nostro obiettivo è sempre quello di mantenere la gratuità per chi vi partecipa. Con la stessa prudenza ci muoviamo con questo bando: il nostro desiderio è di poterlo replicare ogni due anni, vediamo se le energie saranno sufficienti e il tipo di sensibilità che incroceremo...

Ci fa piacere in questo momento realizzare attività del genere, a cui teniamo molto, per contribuire come cittadini per provare a cambiare alcune cose.

Alice Gregori Prima di concludere, vorremmo ringraziare molto la Libreria Cortina di Torino (qui), casa editrice che ha editato il libro di Emmi Pikler “Per una crescita libera”, da cui abbiamo avuto il nulla osta per usare l'illustrazione del bando.

Insomma, nonostante l'effervescenza di idee e l'entusiasmo le due socie procedono a piccoli passi, come i bambini, senza forzature esterne, ma libere di muoversi. Che dire, in bocca al lupo a voi e a tutti i partecipanti al bando (ndr)!

Ecco alcuni suggerimenti:
Per una crescita libera” Emmi Pikler, Edizioni Libreria Cortina Torino (a pag.185, l’illustrazione scelta per questa prima edizione Illustrazioni in movimento)

Centro documentazione Educativa di Cesena (qui): qui è possibile reperire articoli, immagini e testi originali di Emmi Pikler e altri ricercatori dopo la visita del Centro Lòczy di Budapest.

Associazione Pikler International (qui)

Link di approfondimento sui siti di Emmi's Care ed Edufrog: qui, qui, qui, qui, qui, qui

Alcuni video interessanti: qui, qui, qui, qui, qui, qui e qui (quest'ultimo è il Metodo Feldekrais, ma il video mostra immagini molto belle di movimento e in linea con pensiero Pikler sullo sviluppo autonomo del bambino).

martedì 8 novembre 2016

"Il cavallo magico di Han Gan" e "Sann" di Chen Jiang Hong, Babalibri... e una mostra a Pisa!


Se ancora non conoscete "Il cavallo magico di Han Gan" e "Sann" di Chen Jiang Hong, due albi editi da Babalibri (qui il link alla casa editrice), avete un'ulteriore possibilità. Infatti, al Pisa Book Festival (link qui), una tre giorni dedicata all'editoria indipendente, il prossimo sabato 12 novembre alle 17 sarà possibile conoscere l'artista cinese, insieme alla curatrice della mostra Maria Chiara Favilla e all'editore Francesca Archinto. Un'occasione più unica che rara, da non perdere. Si potranno vedere le tavole del primo libro, illustrate su pergamena (qui e qui alcuni link).


Inoltre, per chi non facesse in tempo, dal 10 novembre 2016 al 5 febbraio 2017 Palazzo Blu ospiterà la mostra "Racconti Cinesi".
L'artista, nato nel Nord della Cina ma ora "trapiantato" a Parigi, riporta il lettore alle magiche atmosfere in cui le leggende antiche si mescolano a grandi lezioni di vita.

Il cavallo magico di Han Gan racconta la storia di un'artista vissuto 1200 anni fa, il cui estro per i disegni era forte sin da bambino, pur non potendolo coltivare, essendo la sua una famiglia molto povera.

Destino volle, che incontrasse un giorno il celebre pittore Wang Wei che, cogliendo il talento nel giovane, lo aiutò.

Preso dal "fuoco sacro" della creazione, che "assale" chi ha una forte passione, Han Gan disegnava cavalli dall'alba al tramonto. Il suo "astro" crebbe tanto da essere invitato a corte dall'Imperatore, a far parte dell'Accademia dei pittori;  ma anche qui seppe distinguersi dagli altri perché, rifiutandosi di rappresentare oggetti antichi, perseverava a dipingere solo cavalli, e solo legati, perché essi erano così vivi da "poter scappare dal foglio".

Un giorno il pittore ricevette la visita di un guerriero che desiderava un suo cavallo da impiegare come "arma segreta" in battaglia.
Nonostante gli sforzi (o forse troppo pressato dalla richiesta?), Han Gan non riuscì a completare l'opera, ma non appena gettò i disegni nel fuoco, dalle fiamme balzò fuori un destriero possente: un "cavallo magico" in grado di far vincere tutte le battaglie.
Il guerriero presto si montò la testa, la sua ambizione era senza fine.

E fu così che il cavallo, stremato e ammutolito dalla visione di corpi lacerati in battaglia, disarcionò un giorno il suo cavaliere e scappò via. Solo dopo parecchio tempo egli lo ritrovò... finalmente in pace, in un quadro di Han Gan insieme a un altro gruppo di suoi simili.

Questo albo è davvero interessante perché oltre a far entrare i bambini in un universo poco conosciuto, quale quello orientale, li fa riflettere sia sulla potenza dell'arte, che riesce a rendere talvolta i soggetti talmente vivi da farli sembrare reali, sia su quello che può accadere alle persone che sono prese dal vortice di una smania sfrenata. Una riflessione che, specie di questi tempi, è molto utile.

Sann ci fa addentrare, invece, tra le ombrose vette montane cinesi, nella cui vallata si trova un villaggio. Una frana improvvisa fa scomparire di colpo i campi coltivati. La gente pian piano abbandona il luogo, che rimane quasi del tutto disabitato. Solo la famiglia di Sann, che non si da per vinta, rimane, e la madre lo partorisce proprio in questo villaggio spoglio, poco dopo la tragedia. Capiamo subito che il protagonista è fuori dal comune, perché alla nascita al posto di emettere un vagito sorride.
Le pagine scorrono e seguiamo la madre di Sann, la cui figura colorata e affaticata spicca nel paesaggio spoglio e cupo della montagna aguzza, mentre porta il figlio appresso ogni giorno in una gerla alla ricerca di campi coltivati.
Soffriamo con lei per le fatiche che deve affrontare quotidianamente.
Ma non siamo i soli.

Presto scopriamo che il piccolo Sann comprende l'angoscia dei genitori per quella montagna che rende tutto più difficile. E ascoltando il desiderio della madre, che vorrebbe che la montagna sparisse, egli si mette all'opera per realizzare questo sogno.

La sua determinazione è tale, che non passerà giorno - sia con il bello sia con il cattivo tempo - in cui il ragazzino non si metta a levar le pietre. Solo una tormenta di neve lo ferma temporaneamente, ma con la bella stagione Sann si rimette all'opera.
Ed è così che nel solco della montagna scopre alcuni strani funghi profumati. Addentrandosi in una grotta più ampia, il ragazzino incontra un vecchio saggio, dalla lunga barba bianca, che decide di aiutarlo nella sua impresa, preparandogli un infuso di funghi. Così il ragazzo acquista vigore.
Ma sarà davvero la pozione a rendere più ardito il ragazzo, o la fiducia di qualcuno che sa ascoltare e sa capire a fare la differenza?

Il vecchio insegna a Sann l'arte della pazienza e della giusta misura. E lo segue da lontano senza essere visto, senza mai perderlo d'occhio.
Poi, arrivato l'ultimo giorno d'autunno, il vecchio e il ragazzo vanno a rendere omaggio agli elementi della natura: il cielo la terra e il vento. E improvvisamente - come nel libro precedente - ecco la magia .. tre draghi bianchi riempiono il cielo infuocato e spostano definitivamente la montagna.

Anche questo albo davvero affascinante ci porta in atmosfere lontane e ricche di mistero, dimostrandoci quanto possa smuovere l'amore e la determinazione di un bambino. Inoltre, la figura del vecchio ci rammenta quanto sia importante avere accanto persone sagge, che sanno condurci nelle avversità senza perdere la rotta e mostrarci quella stima e riconoscenza che serve a proseguire con coraggio.