Un intreccio di donne coraggiose, audaci, amanti della cultura. A tenerle insieme in un fil rouge lei, Vivian Maier, tata di professione e fotografa per passione e talento (ne ho parlato qui), protagonista anche dell'albo edito da Orecchio Acerbo (link qui).
Un albo raccontato attraverso la Voce della sua Rolleiflex, la macchina fotografica che teneva sempre appesa al collo, che narra "Un battito del mio occhio, finta palpebra apri e chiudi, fermava il mondo che i suoi occhi scoprivano". Un racconto poetico dove le parole sono un tutt'uno con le illustrazioni di Cinzia Ghigliano (link qui) che, con grande maestria, ha saputo catturare alcuni momenti essenziali per conoscere questa donna misteriosa.
La macchina che l'ha fotografata molto, attraverso ogni tipo di specchio o riflesso.
La macchina che non la lasciava mai, anche quando i bambini che curava prendevano l'autobus per andare a scuola.
La macchina che ha visto tanti posti e tante persone, con lei.
In poche frasi, il racconto essenziale di una vita spesa ad amare vicoli, aromi, pregi e difetti di ogni angolo di strada in cui Vivian Maier è stata e che ha amato a modo suo. Un amore grande, come quello per i tanti bambini che ha curato e osservato attraverso questo terzo occhio.
Ogni persona per lei era una storia da raccontare attraverso la macchina fotografica, che si descrive come "la penna con cui quel diario è stato scritto".
Di persone Vivian ne ha incontrate tante, ma nessuno l'ha conosciuta veramente, se non per le sue strane abitudini che aveva nel vestirsi o rintanarsi nella sua stanza.
Un albo che accende lo sguardo su una donna che per caso è venuta alla ribalta ma che ha narrato con occhio vigile e appassionato il mondo che la circondava.
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