La ferita di Emma AdBåge, Camelozampa (traduzione di Samanta K. Milton Knowles), edito grazie al programma europeo Reading Diversity (qui) è un altro piccolo grande capolavoro dell'autrice e illustratrice svedese, tanto da meritarsi il White Ravens 2023 (il suo libro è stato scelto dalla Jugendbibliothek di Monaco, insieme a molti altri qui nella lista, per l'alto livello qualitativo, letterario e artistico, per stili e approcci innovativi, in grado di creare nuovi impulsi e nuove visioni). Anche 𝐕𝐢𝐧𝐜𝐢𝐭𝐨𝐫𝐞 del 𝐒𝐧𝐨̈𝐛𝐨𝐥𝐥𝐞𝐧 𝐀𝐰𝐚𝐫𝐝 𝐞 𝐅𝐢𝐧𝐚𝐥𝐢𝐬𝐭𝐚 all'𝐀𝐮𝐠𝐮𝐬𝐭 𝐏𝐫𝐢𝐳𝐞.
Dopo La Natura (qui) e la Buca (di cui non ho ancora avuto modo di parlare ma ci arriverò), ecco un altro racconto che ha al centro bambini e bambine che giocano "con il nulla" (mi verrebbe da dire), liberi, senza il controllo incessante degli adulti.
Tutto inizia con un gruppetto di bambini che si rincorrono intorno a un tavolo da ping pong visto che le racchette sono disperse. A un certo punto il protagonista - in piedi sul tavolo - finisce dritto per terra.
Appena si sente il botto un capannello di bambine e bambini di tutte le età si raduna intorno e si sente esclamare "esce del sangue!". Dopo lo spavento, la folla, con l'adrenalina che sale il dolore inizia a farsi sentire e Jarmo (da noi sarebbe una sorta di bidello/custode) porta il bambino dagli insegnanti.
Qui viene descritto con tutta la cura ed empatia possibile il momento in cui il protagonista viene disinfettato e incerottato. "Era il cerotto più grande di tutta la mia vita" racconta il protagonista attirando di nuovo l'attenzione dei compagni e delle compagne.
Intorno a un fatto che può sembrare "banale" o "quotidiano" l'autrice cuce sapientemente una storia che parla di cura, empatia, curiosità e affetto. Un bambino che si fa male, grande o piccola che sia la sua ferita, vive questo evento come un accadimento enorme: il cuore batte forte, il sangue ancora sul cemento... insomma ci racconta di come questi momenti per i più piccoli siano importanti sia per la crescita, sia per la consapevolezza di sé, sia per affrontare ogni fatica (anche fisica) e dunque occorre lasciar trascorrere tutte le fasi connesse. Dallo smarrimento al dolore, dal pianto all'accudimento e ancora il racconto che consente di tirar fuori le emozioni e mettersi in dialogo con gli altri.
E l'autrice va oltre: ci racconta come un adulto che osserva quello che accade a un bambino può, a scuola, stravolgere la giornata e trasformarla in un evento educativo e trasversale che interessa tutte le materie: a matematica si contano le ferite, ad arte si colorano con le matite rosse, si scrivono parole e poesie.
Anche i compagni non sono da meno e quello che si è ferito diventa per una giornata il protagonista, "servito e riverito" (in senso buono) per non sentirsi a disagio.
La ferita ha bisogno di tempo per guarire: prima c'è il cerotto, poi si forma la crosta - che indica la ferita - poi anche quella scompare ma rimane la cicatrice.
Quanto hanno bisogno, sempre, i bambini e le bambine, di poter percorrere insieme queste fasi e affrontarle con qualcuno che stia loro accanto?
Il testo sembra scritto da un bambino quindi il lettore ci si immedesima istantaneamente. Quanto alle illustrazioni: beh sono anche loro particolarissime e sembrano essere disegnate da un bambino, con tutti i dettagli che loro mettono quando raccontano qualcosa di straordinario.
Nella dedica l'autrice mi ha scritto questo. In fondo, gli autori più grandi sono quelli che sanno trovare la loro parte bambina e metterla a disposizione per creare questo tipo di capolavori.
Lo avete già letto con i bambini e le bambine? Cosa vi hanno raccontato? Sarei curiosa di leggerlo nei commenti, se avrete voglia. Del resto questa è la parte più bella della relazione con loro.
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