mercoledì 8 gennaio 2025

Come me, come te, di Carolina Zanier, Camelozampa

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Proseguono, per fortuna, le pubblicazioni di libri fotografici per bambini (e curiosi), non solo di grandi maestri del passato (penso a Tana Hoban la fotografa americana o di autori italiani come Munari o altri molto apprezzati (il rimando è alla coppia affermata Tappari/Carminati). 

Non sorprende che, a proporre una novità inedita sia una casa editrice molto coraggiosa come Camelozampa, che ospita nel suo catalogo questa opera di Carolina Zanier.

Si tratta di "come me, come te" (qui), che si presenta con una doppia pagina in cui c'è un collegamento tra un elemento naturale e uno umano, non solo scelti per attinenza, similitudine, analogia, ma anche secondo quello che - nella parte finale dell'opera - viene chiamato un diario sentimentale. La scelta delle fotografie non è, quindi, solo finalizzata a un percorso, ma invita a trovarne uno più intimo e singolare, di cui viene fornito una sorta di prototipo. O almeno - da amante delle foto, dei bambini, della natura e dei luoghi - lo interpreto così.

Come sappiamo un libro una volta edito non è solo quello che intende l'autore ma diventa un oggetto con una vita propria e, se originale e aperto, invita a scoprire quello che ognuno ci cerca dentro.

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A parte la copertina (in cui il sasso nella prima di copertina fa da rimando all'indice in quarta), il libro inizia con una doppia in cui i dentoni da latte di Camilla, che sporgono fuori da una bocca fresca e armoniosa (invitante, come quella dei bambini ancora piccoli sa essere), fanno da specchio alla bignonia catturata in una "posa" in cui mostra una parte interna che sembra proprio richiamare una bocca.

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Tra le pagine, alcune analogie sono molto chiare e dirette: penso agli anelli di un tronco che sono unici di un esemplare di qualsiasi specie vegetale - per come si formano - come le impronte digitali di un essere umano; altre sono invece più evocative, come il soffione (ovvero il frutto del tarassaco) che viene associato a un occhio.

Si alternano dunque pagine in cui a due immagini molto immediate seguono altre che richiedono di soffermarsi non solo per comprendere quanto è scritto ma anche per cogliere la propria sfumatura.

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A seconda dell'età del lettore, alcune "doppiette" funzionano meglio di altre; per esempio questa in alto richiede di sostare più a lungo e quindi richiede un occhio e una mente allenati - a mio modesto avviso ancor più se lette insieme al testo. Infatti nel caso di questa doppia  i frutti di un'ombrellifera si stagliano in cielo e sembrano brillare come le scintille delle candeline che sparano le luci. Qui l'occhio è invitato a indugiare sui dettagli e le parole a "entrare dentro e farsi chiare": un desiderio che si esaudisce è molto limpido quando si spengono le candeline, mentre il progetto di vita dei semi contenuti nei frutti è qualcosa di molto più oscuro per dei bambini molto piccoli.

Ma l'autrice osa in alto, e forse questo è il bello e la potenzialità, perché il senso del libro è quello di invogliare a scoprire e ad accoppiare a seconda del proprio gusto individuale, delle proprie emozioni, che saranno diverse a seconda delle esperienze, del contesto non solo geografico ma anche storico (per esempio, l'autrice propone tra le foto il primo battito cardiaco della figlia - quando sono nati i miei figli per esempio io non li ho potuti vedere perché non era così usuale - , creando una sorta di sinestesia in cui l'immagine rimanda anche a un suono... e anche su questo si potrebbero aprire molte riflessioni interessanti, sia su come si possono visualizzare i suoni, sia sulla loro forma e a cosa rimanda, sia su come si possono raccogliere o rappresentare).

Tra l'altro lavorando con i bambini e le bambine spesso capita che facciano accostamenti per noi azzardati o inaspettati. Quindi, se un libro è "aperto" accoglie tante domande e tante possibilità.

Le pagine in cui i bambini e le bambine sono più evidenti (in toto o con alcune parti del corpo) invitano anche a fare domande e ad ascoltare racconti e particolari esperienze. Infatti, se pensiamo alla pagina del ginocchio sbucciato, si può aprire un mondo (non a caso, ultimamente sono nati proprio libri che ne parlano, uno edito proprio da Camelozampa).

Il libro invita dunque sia a una lettura del testo associato alle immagini (a volte "forzando" alcune scelte a mio avviso, ma ci sta) sia a una lettura più libera che potrebbe partire da una singola immagine per andare oltre dove i nostri interlocutori ci vogliono portare, sia per curiosità sia per un ricordo che sovviene.

Si tratta anche di un libro che può servire ad aprire alcuni discorsi sulla natura al di là di quello che richiama il testo (es. suolo secco e arido). 

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Uno spunto che io trovo molto interessante non solo per chi lavora con i bambini e le bambine, ma anche con gli adulti, è quello dato dalla parte finale in cui l'autrice ci mostra l'origine delle foto scattate e le pubblica in un diario fotografico sentimentale. Ci invita, dunque, a crearne uno noi stessi, o con un apparecchio analogico come ha fatto lei (che ha il pregio di creare foto immediatamente, come avviene con le polaroid) o con altri strumenti che potrebbero essere anche disegni, mucchi di fotografie scattate appositamente o trovate nei giornali.

E ora, non vedo l'ora di poterlo sperimentare con un gruppo di persone! Grata per questa ulteriore possibilità.

PS il libro è finalista al Premio Nati per Leggere – sezione Crescere con i libri

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