giovedì 23 gennaio 2025

Giornata invernale di pioggia


La pioggia picchietta sul mio volto, sembra seguire una partitura musicale perché le piccole gocce si disperdono sul vetro a ritmo, disperdendosi come il colore quando viene lanciato su una tela; in controluce sembrano invece procedere come piccoli segmenti allineati che precipitano dall'alto verso il basso, come se piccoli soldati di un esercito di forme geometriche lineari, che si disperdono dall'alto verso il basso; in questa giornata buia le luci rosse dei freni delle auto riecheggiano come tanti occhi luminosi.

Scendi e all'improvviso tiri tiri tiri, non vedi l'ora di poter correre a perdifiato nell'erba bagnata; io attraverso le pozzanghere mentre tu le eviti con destrezza: non ti piace l'acqua non ti è mai piaciuta ma, all'occorrenza, quando c'è uno spazio verde e quando puoi sfogare le tue energie lasci perdere. È molto diverso da quando camminiamo tra le strade urbane e ti infili sotto i cornicioni e mi fai chiedere scusa alle persone per quanto non ti sposti dalla tua posizione protetta, come quando sei vicino alle grate che danno fastidio ai tuoi polpastrelli e così procediamo a zig zag.


Ora siamo immerse in una pioggerellina leggera e un velo di nebbia nasconde tutte le brutture e mi lascia immaginare…

Mentre cammino tu prendi la mira e salti il fossato con agilità, per annusare chissà cosa. Nel canaletto scorre un rivolo di acqua,  proprio quando 10 giorni fa era secco: ora c'è pantano e tanta acqua, dagli alberi si sentono i sibili e cinguettii degli uccelli, per il resto tutto sembra tacere, appannato da una lieve coltre di nebbia.




Camminiamo ed esploriamo, esploriamo e camminiamo, mentre i miei stivali affondano nel fango lasciando tracce e appiccicandosi alla terra, sento i tuoi passi veloci e leggeri. L'erba è piena di gocce e brilla di una lucentezza non sua. Procedo avanzando un passo dopo l'altro sollevando una gamba dal fango e appoggiandola su un altro tratto scivoloso.


Chissà quanti lombrichi saranno uscendo dalle loro tane per respirare un po' di ossigeno e chissà quanti merli saranno pronti a banchettare…

Spettatrice silente la terra.


E ora il gracchiare delle cornacchie grigie e l'allarme del fagiano che scappa, e mentre i cani del canile sono silenti, rinchiusi forse nelle loro gabbie tu spavalda avanzi a esplorare.

Ai lati, le canne di bambù sempre più gialle e i bagolari sempre più spogli.


Piove così tanto, anche se a gocce leggere, che si è formato un rivolo nel prato e due fagiani camminano lenti lenti - sembrano galline se non fosse per la lunga coda - per nascondersi dietro i cespugli: sono visibili ai nostri occhi anche se non lo sanno. O forse sì.

Un pettirosso gorgheggia melodioso mentre i due fagiani schiamazzano con quel verso sgrammaticato musicalmente.





Procediamo nella palta e nel fango sempre più appiccicosi, che sembrano volerti trattenere a sé. Gli alberi sembrano invece addobbati a festa con quelle gocce perfettamente tonde che decorano le estremità di ogni rametto (lo stesso le graminacee nel prato)


Sento lo splish Splash dei miei stivali, che arrancano nell'acqua e nella poltiglia nel prato giallo e verde, e schizzano mentre si appoggiano nel terreno bagnato - o meglio - allagato.


In questo pezzetto di terra che oggi sembra dimenticato da tutti e incorniciato alle estremità dalla nebbia e dalle sagome degli alberi procediamo passo dopo passo alla scoperta del respiro e della pioggia che batte lieve sulla faccia.


Una cinciarella si mostra in tutto il suo splendore sopra un arbusto con quel piumaggio azzurro e poi eccone un'altra: si muovono agili e veloci mentre becchettano le nuove gemme e, a volte, sibilano, in compagnia. E scappano come folletti tra il fitto della boscaglia. In effetti, appena c'è un angolo di bosco, si sente il fremere della vita.



Tu salti all'improvviso, col manto bagnato e zuppo di acqua, io con la pioggia battente e sguazzando con gli stivali: viandanti felici a cui è concessa mezz'ora di libertà all'aperto (e ce la godiamo tutta). Entriamo in quello che un tempo era un prato e sembra quasi una palude, inzaccherandoci tutte.Dopo essere entrata nel fango sembri indossare anche tu degli stivali marroni!




Rientrando, tocco i miei capelli umidi che brillano di rosso e ripenso alle bacche di rosa canina. 



Dopo aver sguazzato nell'acqua ora giaci accanto a me dormendo le zampe incrociate l'una all'altra ti ho messo addosso una coperta perché eri bagnata fradicia da quanta acqua tiene inzuppato e così accoccolata mi tieni compagnia mentre lavoro e la caldaia sbuffo ogni tanto.


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