Domenica 17 aprile dalle 7 alle 23 saremo chiamati ad andare a votare per il cosiddetto "Referendum sulle trivelle". In realtà gli esperti ci parlano di perforazioni nel mare (diverso dalle trivellazioni). Per votare sul sito del Comune di Milano si spiega cosa si va a votare: qui il link, mentre qui il link ai documenti utili per votare.
Da dove sono partita
Sono partita dal blog (qui il link) del giornalista Marco Cattaneo direttore de Le Scienze - che stimo molto - che spiega le sue motivazioni per cui non serve votare sì - sperando di riassumere in modo corretto, il suo pensiero parte da una riflessione a livello globale, che implica questioni delicate come l'inquinamento di altri territori incontaminati come le acque del Mozambico, che essendo un Paese povero potrà difficilmente opporsi all'ingresso delle multinazionali - e in cui - nei commenti - si possono trovare diversi link di approfondimento.
Ha fatto - a mio parere anche troppo - scalpore la notizia della geologa Michela Costa che invita le persone a non andare a votare per le motivazioni che spiega nel suo pezzo (riportato qui).
Da dove sono partita
Sono partita dal blog (qui il link) del giornalista Marco Cattaneo direttore de Le Scienze - che stimo molto - che spiega le sue motivazioni per cui non serve votare sì - sperando di riassumere in modo corretto, il suo pensiero parte da una riflessione a livello globale, che implica questioni delicate come l'inquinamento di altri territori incontaminati come le acque del Mozambico, che essendo un Paese povero potrà difficilmente opporsi all'ingresso delle multinazionali - e in cui - nei commenti - si possono trovare diversi link di approfondimento.
Ha fatto - a mio parere anche troppo - scalpore la notizia della geologa Michela Costa che invita le persone a non andare a votare per le motivazioni che spiega nel suo pezzo (riportato qui).
Le mie riflessioni iniziali e la confusione generale ...
Io ho letto e riletto le ragioni di
questa geologa. Ho letto e riletto anche il discorso di Marco Cattaneo e i diversi commenti. Si parla di avere, giustamente, una visione globale. Ma io voglio e devo anche
pensare al futuro dei miei figli, al fatto che vivo in Italia, a chi lavora nel Mar Mediterraneo - non per estrarre metano ma per pescare - al Santuario dei Cetacei
(quanto può influire e influisce l'azione di questi macchinari sui
cetacei e sugli altri abitanti marini)? Anche se sono biologa onestamente NON LO SO.
Io non posso promettere di avere una vita da ecologista pura. Vivo a Milano, città inquinata di per sè e già non prendo la macchina e abbiamo il riscaldamento autonomo al minimo. Ma non posso promettere di non prendere mai più aerei, né di rinunciare ad altre cose. Devo essere realista. Alcune cose le posso fare, altre no.
Io non posso promettere di avere una vita da ecologista pura. Vivo a Milano, città inquinata di per sè e già non prendo la macchina e abbiamo il riscaldamento autonomo al minimo. Ma non posso promettere di non prendere mai più aerei, né di rinunciare ad altre cose. Devo essere realista. Alcune cose le posso fare, altre no.
Però posso pensare a tutte le convenzioni che abbiamo
firmato, al patrimonio di biodiversità del nostro Paese (uno dei più preziosi e ricchi in Europa... quanti lo sanno?), al fatto
che noi dovremmo puntare più su questo patrimonio e su quello culturale/paesaggistico piuttosto che puntare sull'energia che ricaviamo dal nostro territorio perché, di fatto, continuiamo a dipendere da altri. Non siamo in grado di superare altri Paesi per alcune cose. Lo sappiamo. Quello che caratterizza l'Italia come eccellenza nel mondo sono la creatività e la qualità del lavoro. Questo ci viene riconosciuto all'estero. Non a caso molti cervelli italiani compiono grandi cose (non solo quelli che emigrano... di cui si parla tanto, ma anche quelli che restano: tanto per fare un esempio, leggetevi il post su Cristiano Dal Sasso, un paleontologo del Museo di Storia Naturale di Milano che ha fatto due scoperte importantissime a livello mondiale: qui un post).
Penso a tutte le sanzioni che ci prendiamo (e di cui quasi nessuno
parla) per le leggi europee ambientali a cui abbiamo aderito e accordi che abbiamo firmato che non rispettiamo. Penso ai tanti progetti europei che vengono fatti in
Italia da gente competente e di cui nessuno parla, all'impronta ecologica (ovvero il nostro impatto con le nostre azioni quotidiane) che abbiamo sul Pianeta attraverso le nostre azioni
quotidiane e che abbiamo già abbondantemente superata.
Per chiarimi le idee ho chiesto aiuto ad alcune persone più esperte di me, per capire. Spero che possano servire anche a voi.
Sia chiaro, non per convincervi a votare sì o no.
Ma per convincervi ad andare a votare.
Sia chiaro, non per convincervi a votare sì o no.
Ma per convincervi ad andare a votare.
Buona lettura.
La parola all'avvocato
Per prima cosa ho parlato con l'avvocato Fabrizia Vaccarella, per capire meglio alcuni elementi tecnici relativi al referendum. "La formulazione del referendum non è comprensibile a tutti di primo impatto, perché il quesito non chiede se l’elettore sia a favore o meno dell’interruzione delle c.d. trivellazione, ma a favore o meno dell’abrogazione di una norma che prevede la cessazione dell’attività rispetto al naturale termine di scadenza già prefissato.
Il referendum sarà valido se si raggiungerà la maggioranza più 1 degli aventi diritto al voto.
Questo vuol dire che tutte le schede utilizzate concorrono al conteggio dei votanti, il c.d. quorum appunto, ma se in totale vi saranno più “si” verrà abrogata la norma che prevede il termine già fissato, se prevarranno i “no” verrà mantenuta tale norma e l’attività verrà interrotta secondo quanto previsto.
Di conseguenza, non votare e impedire il raggiungimento del quorum rispetto al totale, di fatto, corrisponde all’effetto corrispondente alla prevalenza dei no, (sempre che il governo o il parlamento non intervengano in seguito diversamente).
Le schede nulle (per errore o volutamente nulle per esprimere una protesta) e le schede bianche (prive di alcuna preferenza per scelta o indecisione) concorrono solo a formare il quorum.
La scelta del governo di fissare in questi giorni il referendum e di non farlo svolgere unitamente alle elezioni amministrative appare una scelta “strategica”; scelta che da un lato non ammortizza i costi, e dall’altro non incentiva le persone ad esprimersi: è frequente, infatti, che le persone non rinuncino al w.e. fuori porta per il mero referendum, peraltro scoraggiate dagli esiti “a vuoto” o vanificati dalla politica di quelli passati.
Una preoccupazione generalizzata riguarda, tra le altre, la smobilitazione delle strutture e i costi che questa comporterà: in ogni caso il Governo dovrebbe prevedere rigorosamente che tali somme vengano poste sotto “vincolo di destinazione “ per evitare che si eluda quest’obbligo nel breve o nel lungo periodo."
Il referendum sarà valido se si raggiungerà la maggioranza più 1 degli aventi diritto al voto.
Questo vuol dire che tutte le schede utilizzate concorrono al conteggio dei votanti, il c.d. quorum appunto, ma se in totale vi saranno più “si” verrà abrogata la norma che prevede il termine già fissato, se prevarranno i “no” verrà mantenuta tale norma e l’attività verrà interrotta secondo quanto previsto.
Di conseguenza, non votare e impedire il raggiungimento del quorum rispetto al totale, di fatto, corrisponde all’effetto corrispondente alla prevalenza dei no, (sempre che il governo o il parlamento non intervengano in seguito diversamente).
Le schede nulle (per errore o volutamente nulle per esprimere una protesta) e le schede bianche (prive di alcuna preferenza per scelta o indecisione) concorrono solo a formare il quorum.
La scelta del governo di fissare in questi giorni il referendum e di non farlo svolgere unitamente alle elezioni amministrative appare una scelta “strategica”; scelta che da un lato non ammortizza i costi, e dall’altro non incentiva le persone ad esprimersi: è frequente, infatti, che le persone non rinuncino al w.e. fuori porta per il mero referendum, peraltro scoraggiate dagli esiti “a vuoto” o vanificati dalla politica di quelli passati.
Una preoccupazione generalizzata riguarda, tra le altre, la smobilitazione delle strutture e i costi che questa comporterà: in ogni caso il Governo dovrebbe prevedere rigorosamente che tali somme vengano poste sotto “vincolo di destinazione “ per evitare che si eluda quest’obbligo nel breve o nel lungo periodo."
La parola a un esperto di biologia e cittadino
Dal canto suo il teriologo (esperto di mammiferi) Adriano Martinoli, dell'Università dell'Insubria, mi risponde a titolo personale dicendomi "Faccio due analisi. Da cittadino penso che lo strumento referendario sia ora uno dei pochi strumenti democratici che abbiamo e quindi è sciocco non utilizzarlo. Lo dico anche ai miei studenti in Università. Non andare a votare è la mancata opportunità di poter esprimere la propria opinione in merito ai temi proposti.
Poi se mi si chiede: tu avresti proposto un simile referendum? Io rispondo no. Perché è un referendum molto complesso, incentrato su aspetti tecnici e quindi le scelte strategiche politiche sono demandate ai cittadini. Ed è un referendum che non va a toccare problemi prioritari quali possono essere la tutela della biodiversità. Quello che posso aggiungere è che i risultati di questo referendum, se raggiungerà il quorum, costituiranno una sorta di sondaggio popolare per capire se la strategia energetica di mettere al centro i combustibili fossili è vincente (se vincesse il no) o se gli italiani vogliono cambiare strategie energetiche, che non vuol dire un cambiamento dall'oggi al domani ma prepararsi con un aumento delle ricerche sul tema delle possibili alternative per cercare di creare un impatto minore ottenendo lo stesso benefit."
La parola all'esperto del CNR
Ho chiesto a Valerio Rossi Albertini, fisico del CNR, di parlarmi dei rischi connessi alla biodiversità marina. Ecco la sua risposta "Sinteticamente, si possono distinguere due fasi nel danno arrecato all'ecosistema marino.
La prima corrisponde alla fase di prospezione geologica dei fondali, quando si ricercano delle sacche di petrolio contenute nel sottosuolo marino. La tecnica è molto aggressiva, consistendo in una serie prolungata di esplosioni subacquee, la cui eco sul fondale è registrata da un idrofono, capace di rilevare cavità e fessurazioni in cui può essere contenuto il petrolio. Le esplosioni sono effettuate con la tecnica dell’ “airgun”, in cui aria ad alta pressione viene fatta espandere violentemente, proprio come avviene per i gas prodotti dalla deflagrazione di un comune esplosivo. Siccome l’acqua è un mezzo incompressibile, cioè non è in grado di variare il proprio volume assorbendo l’energia dell’esplosione, gli effetti dell’airgun possono ripercuotersi a distanze molto grandi, infliggendo danni anche gravissimi a pesci e a mammiferi acquatici. Per approfondimento vedi questo link.
Per quanto riguarda la seconda fase, cioè quella di esercizio, un certo grado di contaminazione, dovuta a perdite e versamenti, è da considerarsi fisiologica. Il petrolio, essendo una miscela di
componenti, contamina sia i fondali, su cui si depositano le componenti più pesanti, quali i metalli, sia la superficie, che si vela di chiazze oleose. Le creature marine che vivono sul fondo o che
filtrano l’acqua, trattengono o ingeriscono tali sostanze, introducendole così nella catena alimentare, che culmina con le specie marine maggiori e con l’uomo."
La parola all'esperto del CNR
Ho chiesto a Valerio Rossi Albertini, fisico del CNR, di parlarmi dei rischi connessi alla biodiversità marina. Ecco la sua risposta "Sinteticamente, si possono distinguere due fasi nel danno arrecato all'ecosistema marino.
La prima corrisponde alla fase di prospezione geologica dei fondali, quando si ricercano delle sacche di petrolio contenute nel sottosuolo marino. La tecnica è molto aggressiva, consistendo in una serie prolungata di esplosioni subacquee, la cui eco sul fondale è registrata da un idrofono, capace di rilevare cavità e fessurazioni in cui può essere contenuto il petrolio. Le esplosioni sono effettuate con la tecnica dell’ “airgun”, in cui aria ad alta pressione viene fatta espandere violentemente, proprio come avviene per i gas prodotti dalla deflagrazione di un comune esplosivo. Siccome l’acqua è un mezzo incompressibile, cioè non è in grado di variare il proprio volume assorbendo l’energia dell’esplosione, gli effetti dell’airgun possono ripercuotersi a distanze molto grandi, infliggendo danni anche gravissimi a pesci e a mammiferi acquatici. Per approfondimento vedi questo link.
Per quanto riguarda la seconda fase, cioè quella di esercizio, un certo grado di contaminazione, dovuta a perdite e versamenti, è da considerarsi fisiologica. Il petrolio, essendo una miscela di
componenti, contamina sia i fondali, su cui si depositano le componenti più pesanti, quali i metalli, sia la superficie, che si vela di chiazze oleose. Le creature marine che vivono sul fondo o che
filtrano l’acqua, trattengono o ingeriscono tali sostanze, introducendole così nella catena alimentare, che culmina con le specie marine maggiori e con l’uomo."
La parola all'ecologo marino
Ho posto la domanda anche all'ecologo marino Giuseppe Notarbartolo di Sciara che mi ha risposto riprendendo quello che aveva già scritto e scusandosi perché la sua risposta "Non è tanto una motivazione tecnica quanto politica, quindi forse non quello che si aspetta da me. Tuttavia ritengo che in effetti si tratti di un problema politico perché dal punto di vista tecnico/scientifico il nostro povero mare ci perde comunque, anche nel caso improbabile che si raggiunga il quorum, e in quello ancora più improbabile che vinca il si.
Il 17 aprile andrò a votare, e voterò SÌ. Malgrado i tecnicismi della formulazione del referendum non consentano di far piena giustizia dello scempio per lo sfruttamento delle quattro scorregge di gas che si celano nei fondali italiani, con il mio voto intendo contribuire a mandare al governo il messaggio che il mare è molto di più che una commodity da monetizzare, che le nostre coste hanno una vocazione diversa da quella industriale, e infine che questo governo ha da sempre conferito all’ambiente meno attenzione non solo di quanto avrei desiderato, ma anche di quanto è necessario."
E mi ha segnalato quello che scrive l'associazione MareVivo Domenica votiamo sì perché:
diamo una scadenza certa alle concessioni di petrolio e gas in mare entro le 12 miglia dalla costa. La vittoria del sì al referendum cancellerà l’ennesimo regalo fatto alle lobby petrolifere, le quali, grazie all’approvazione della Legge di Stabilità 2016, possono estrarre petrolio e gas nei nostri mari entro le 12 miglia, senza alcun limite di tempo e lasciare le piattaforme installate come monumento a sfregio dei nostri mari. Se vince il SI’, riaffermiamo con forza che il mare è di tutti e non possono esserci concessioni a tempo indeterminato.
si ricava dalle attività estrattive entro le 12 miglia il 3% dei nostri consumi di gas e meno dell’1% di petrolio: quantitativi non essenziali per i nostri fini energetici a fronte di rischi incalcolabili. Senza contare che gli idrocarburi estratti sono di proprietà delle Società concessionarie e l’utilizzo delle fonti fossili provoca l’aggravarsi dei mutamenti climatici. Se vince il SI’, andiamo oltre il tempo delle fonti fossili e guardiamo ad futuro sostenibile e che punti all’innovazione.
il futuro non è il petrolio delle compagnie petrolifere né il lavoro sulle piattaforme. Il futuro è nel turismo sostenibile, nella ricchezza della biodiversità e nella bellezza del nostro mare. Se vince il SI’, impegniamo la politica ad investire in un nuovo modello energetico.
siamo stati noi cittadini, che ci teniamo all’ambiente e siamo contro gli sprechi, a chiedere al Governo di accorpare il referendum alle amministrative. E questo il Governo ce l’ha negato. Se andiamo a votare, riaffermiamo che la democrazia è partecipazione.
non possiamo mettere a rischio la vita del mare, il polmone blu della terra.
il futuro non è il petrolio delle compagnie petrolifere né il lavoro sulle piattaforme. Il futuro è nel turismo sostenibile, nella ricchezza della biodiversità e nella bellezza del nostro mare. Se vince il SI’, impegniamo la politica ad investire in un nuovo modello energetico.
siamo stati noi cittadini, che ci teniamo all’ambiente e siamo contro gli sprechi, a chiedere al Governo di accorpare il referendum alle amministrative. E questo il Governo ce l’ha negato. Se andiamo a votare, riaffermiamo che la democrazia è partecipazione.
non possiamo mettere a rischio la vita del mare, il polmone blu della terra.
E per finire ho chiesto il parere a due persone che sono molto attente alle questioni ambientali ma che hanno anche esperienza in politica.
La parola a una politica
Ho chiesto un parere a Paola Bocci, presidente della commissione educazione del Comune di Milano, persona intelligente e preparata, che stimo molto e che mi ha risposto così "Sperare
che un referendum non ottenga il quorum è un insulto alla gente che
andrà a votare e voterà informata, allora dico alla geologa: cerca
di essere convincente nelle tue argomentazioni sul tenere le cose
come stanno, sforzati un pochino di più, non accontentarti di
sperare che si sia in pochi...
Secondo: se un bene pubblico viene dato
in concessione a qualcuno, questa concessione deve avere un inizio e
una fine, sennò è alienazione.
Terzo, se pensiamo che bisogna
cambiare rotta in campo energetico, ogni (anche piccolo) passo deve
andare in quella direzione.
Poi il mio amico Gianluca Ruggieri, dell'Università dell'Insubria, (per vedere le sue referenze cliccate qui) qui dice meglio e di più tutti i miei perché di un sì."
Poi il mio amico Gianluca Ruggieri, dell'Università dell'Insubria, (per vedere le sue referenze cliccate qui) qui dice meglio e di più tutti i miei perché di un sì."
Un pezzo significativo del testo, a mio parere è questo : "Con la legge di stabilità 2016 è stata
sostanzialmente ripristinata la normativa precedente, sia per quello
che riguarda gli impianti (vecchi e nuovi) sulla terraferma sia per
quello che succede oltre le 12 miglia dalla costa, pari a circa 22 chilometri. È importante ricordare che la zona in
cui l’Italia ha diritti sovrani sulla gestione delle risorse è ben
più ampia (ad esempio nel mare Adriatico arriva fino a metà della
distanza con gli altri paesi costieri). La legge di stabilità ha
peraltro vietato le nuove autorizzazioni entro il perimetro delle 12
miglia, cioè nelle cosiddette acque
territoriali. Ma è mantenuta la possibilità di ricerca ed
estrazione di idrocarburi (gas e petrolio) per le concessioni attive."
Paola mi ha anche segnalato questo articolo su Internazionale: qui.
Paola mi ha anche segnalato questo articolo su Internazionale: qui.
Io aggiungo che si potrebbe leggere anche questo articolo qui di Gianluca Ruggieri.
La parola a un naturalista e politico
Luca Canova, naturalista,
ricercatore e dirigente (come si definisce lui) "di medio calibro" del Partito Democratico, mi spiega "Andrò a votare in occasione del referendum. E annullerò la scheda.
Come soggetto politico, vado a votare perché in questo Paese c’è
chi si è fatto fucilare per permettermi di farlo. E siamo a pochi
giorni dal 25 aprile. Parimenti, annullerò la scheda, perché
ritengo sconcertante che questioni così di dettaglio, tecniche, di
scarsa o nulla aderenza alla vulgata che se ne fa in questi giorni,
non possano essere affrontate e risolte che in sede legislativa e in
Parlamento. Per dirla chiara, la questione non ha nulla a che fare
con la possibilità di trivellare il fondale entro le 12 miglia
nautiche, né con le sue ricadute ambientali, né con i tempi di
sfruttamento dei giacimenti.
La questione vera, reale, riguarda il
rapporto Stato-Regioni, con il primo che vuole riappropriarsi del
ruolo di governo dei processi strategici (quale è la questione
energetica) e le seconde che vogliono poter discutere il rinnovo
delle concessioni (e le ricadute economiche che ne derivano per il
territorio) senza l’ingombrante presenza dello Stato nelle
trattative fra compagnie petrolifere e le regioni stesse. Una
questione che andrebbe risolta in sede legislativa e di cui il
cittadino, anche il più informato, ben poco sa. Ma che, soprattutto,
nulla ha a che fare con l’ecosistema marino, l’inquinamento, i
cetacei, i teleostei e la biodiversità. Sono stato intensamente
naturalista. Amo la complessità del mondo naturale come si ama e
onora un dio. Farei qualsiasi cosa per proteggerne il valore sacrale.
Per me vale il principio “la vita, e la biodiversità che ne
compendia ogni forma, prima di tutto: prima di religione, politica,
famiglia. Prima di tutto”.
Detto questo, diciamo che i rischi per
la biodiversità marina sono solo in minima parte imputabili alle
estrazioni, quantomeno nel Mediterraneo. Ho visto, era il 1981,
decine e decine di navi arare l’Adriatico al largo di Porto
Garibaldi ed estrarne centinaia di tonnellate di pesce azzurro. E
ridurlo in pasta sulle banchine, per farne farina per i maiali. Erano
decine e decine di barche, che pescavano centinaiai e centinaia di
tonnellate di biomassa, ogni giorno, tutti i giorni, per anni e anni.
In tutti i porti, da Grado a Pescara. E ho visto (da Lodigiano)
migliaia di fabbriche milanesi e brianzole scaricare nel Lambro
miliardi di litri di liquami chimici. Una intera metropoli, Milano,
scaricarvi la cacca di 1.400.000 cittadini ogni giorno, tutti i
giorni, da quando sono nato a pochi anni fa, senza alcuna
depurazione. E da lì, dai piccoli fossi brianzoli o dalle rogge
dell’hinterland al Lambro. E dal Lambro al Po. Dal Po
all’Adriatico. E dall’Adriatico al resto del Mediterraneo. Il
Lambro puzzava, in luglio. Puzzava di cacca e di fenolo. E il Po
puzzava fino a Piacenza, in estate.
Fino a pochi anni fa. Ho visto,
ed erano gli anni 2000, reti ovunque alle bocche del Po. Catturavano
le cheppie. Per farne che? Farina. Ancora farina per maiali. Si
catturavano, e credo si catturino ancora, predatori per farne farina.
Poi la si porta nella Bassa Lombarda e finisce in qualche mangime. Da
li ritorna nei fossi e nelle rogge, evacuata da decine di migliaia di
sederi rosa di maiale. E da lì al Lambro E dal Lambro al Po. Dal Po
all’Adriatico. E dall’Adriatico al resto del Mediterraneo. Il
resto non lo so. Ho visitato molti altri delta in Europa. Ebro,
Rodano, Po, Neretva, Aliakmon. Le cose erano un pò migliori, ma
vorrei vederli ora. Ecco. Non ho tempo e non ho voglia di raccogliere
dati a supporto delle mie intuizioni. Ma sono certo di un fatto: quel
che ho visto aveva e ha sicuramente un impatto sull’ecosistema
costiero e marino. Una perforatrice che cava gas dal sottosuolo molto,
molto, molto meno. La magnitudo dei fenomeni e dei relativi impatti
che abbiamo visto in questi decenni, voglio dire, è intuitivamente e
certamente maggiore di quanto abbiano fatto le perforatrici che (per
inciso) a quanto mi consta non estraggono petrolio, ma gas.
Quindi?
Quindi non venitemi a dire che questo referendum ha qualcosa a che
fare con la tutela della biodiversità dell’ecosistema marino,
perché è una "fregnaccia". Questo al di là delle valutazioni di
merito sul resto delle questioni, se il gas sia o non sia
eco-friendly. E non venitemi a dire che “è un inizio”.
Non è affatto un inizio: è solo una confusione gratuita. Come
confusa e gratuita è la discussione sull’eolico off-shore, per
restare in mare aperto, o sui versanti appenninici. Ecologico e
sostenibile? Andatelo a dire agli uccelli migratori transahariani, e al ragù
che ne fanno le pale, se preferiscono l’eolico o una piattaforma di
trivellazione, poi ne riparliamo... Buon 17 aprile a tutti voi."
PS un approfondimento di oggi, che fornisce alcuni dati, lo trovate qui sull'Huffington Post.
PS un approfondimento di oggi, che fornisce alcuni dati, lo trovate qui sull'Huffington Post.
PS Chiedo scusa ai mie lettori se ho postato solo foto generiche del mare (ma in effetti di mare parliamo) relative alla costa che non è interessata dal referendum. Purtroppo non vado in alto mare, quindi questo è quanto posso proporvi. Spero che il post sia utile anche se mi rendo conto lungo. Del resto ci vuole tempo per approfondire e chiarirsi le idee. Spero nel mio piccolo di avere fornito un contributo.
Interessante, sì, soprattutto l'ultimo intervento. Hai letto "Se niente importa" di J. S. Foer? Quando leggi un'inchiesta giornalistica che spiega che le falde acquifere sono inquinate dalle deiezioni degli allevamenti intensivi inizi a fare due più due. Alcune mie scelte sono scaturite da quella lettura. Troppe persone si illudono che "basti un segnale". Il vero segnale e la vera differenza la possiamo fare ogni giorno, con scelte molto più sostanziali e concrete.
RispondiEliminaDetto questo, io non ho ancora deciso che farò, francamente nessuna delle argomentazioni mi ha convinta fino in fondo.
Cara Cì, è difficile decidere lo so. Bisognerebbe approfondire ulteriormente e forse non sarebbe neanche giusto perché si tratta di questioni tecniche. Io spero solo che le persone vadano a votare, anche con voto nullo, di protesta. Ma che lo facciano.
EliminaNon ho letto ma leggerò quanto mi segnali. Come scrive Marco Cattaneo provocatoriamente ma giustamente sul suo blog è proprio questo. Piccole azioni quotidiane. Fatte da tanti. Grazie per la tua riflessione.
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