Finalmente lo scorso 21 aprile sono riuscita a partecipare a uno degli incontri del ciclo "Educare .... che bella fatica! Costruire alleanze educative e di cura, intorno all'albo illustrato", organizzati presso la Biblioteca Zara e tenuti dalla pedagogista Francesca Romana Grasso (conosciuta come Edufrog, anzi prendete nota del link perché qui troverete un sacco si approfondimenti e anche qui sul blog; per essere aggiornati potete iscrivervi alla newsletter).
Tema dell'appuntamento era un argomento delicato e sensibile "Educazione e tecnologia", su cui c'è molto da dire e forse c'è ancora molta confusione in generale perché è un aspetto su cui si riflette poco e su cui - diciamocelo - ci troviamo impreparati come genitori ed educatori.
Francesca ha esordito con la sua solita modestia dicendo che non avrebbe tirato fuori argomenti completi perché è un tema nuovo sul quale sta ancora facendo ricerca e riflessioni. Ma direi che di argomenti su cui riflettere ce ne ha lasciati tantissimi... E' vero che è il primo incontro in cui non ha impiegato solo albi per parlare e ragionare ma anche alcuni saggi.
E' partita dall'albo di Peter Sis "Messaggero delle Stelle" (Rizzoli), che parla della storia di Galileo Galilei (1564-1642) ed è uno di quei libri che può far innamorare i bambini della voglia di sapere.
E che fornisce la domanda guida, il filo rosso dell'incontro: cosa può accadere in rapporto alle nuove tecnologie e di fronte alle nuove invenzioni? Galileo Galilei vuole tornare alla corte de' Medici e nel frattempo mette a punto (sistema) un cannocchiale olandese (e qui Francesca ha sottolineato come spesso si legga impropriamente che Galileo Galilei abbia inventato il cannocchiale che tipicamente è un'invenzione nordica)
Nel libro, Peter Sis riprende i disegni originali di Galileo del Sidereus Nuncius. |
Galileo ci insegna quanto cercare pervicacemente la verità può portare le persone in seri guai: di fatto il suo cannocchiale osava mettere in discussione la visione del cosmo.
Le reazioni dell'umanità di fronte alle invenzioni tecnologiche sono sempre viste con sospetto: un altro esempio è l'invenzione della zip, che poteva influire sulla libido femminile, la macchina a pedali, "che provocava uno strusciamento delle cosce" (bisogna inserire ogni invenzione nel contesto: all'epoca vittoriana venivano coperte anche le gambe dei tavoli!).
Tornando a Galileo, la reazione alla sua scoperta, è di vario tipo: c'è chi lo osteggiava per motivi ideologici, chi "per paura dello sconosciuto", chi era invece esaltato dalla novità. C'è un'altra categoria di persone: chi usa e apprezza le nuove tecnologie per l'uso che hanno.
Ragazzi e nuove tecnologie: It's complicated
Uno sguardo neutro e scientifico sul rapporto dei ragazzi con le nuove tecnologie, quando si continua a dire che la tecnologia crea solo dipendenza e che è il problema dei problemi dei giovani, la pedagogista commenta che "le viene da ridere". E si spiega meglio.
Partendo da considerazioni di Danah Boyd, che ha scritto il saggio "It's complicated" (Castelvecchi), Francesca mostra l'albo illustrato "Quando non c'era la televisione" di Yvan Pommaux (Babalibri, qui link), raccontando che quando non c'erano né la tv, né i social o i cellulari, si facevano tante cose: stare insieme, vivere le strade e le piazze (nel mio piccolo io ho la fortuna di farla vivere ai miei bambini!), uscire da una casa per andare in un'altra casa, si vivevano rapporti burrascosi con gli adulti, si facevano tante esperienze (positive e negative).
Francesca Romana Grasso spiega che da quando si è "connessi" sui social (facebook è definita una piazza virtualie, ndr), non è molto diverso da "quando prendevo il telefono con un filo lunghissimo, me lo portavo in camera e stavo per ore a chiacchierare con gli amici; è solo cambiato lo strumento." Se alcuni ragazzi vanno a giocare una partita di calcio, poi postano delle foto sui social per proseguire il piacere dell'occasione avuta stando insieme (in questo mi sento molto adolescente, forse non sono mai cresciuta! ndr).
E gli adulti che fanno?
Italia A/Z di Goffredo Fofi e Armin Greder (Orecchio Acerbo editore, qui link) è un libro molto interessante in cui l'autore riflette sull'uso delle tecnologie da parte degli adulti.
Ecco alcune immagini interessanti su cui meditare...
E i bambini: che approccio hanno con le nuove tecnologie?
Francesca prende spunto dal libro "Cappuccetto Rosso" di Roberto Innocenti (La Margherita edizioni, gruppo de Il Castello, link qui), che utilizza spesso negli incontri perché l'autore aiuta a ragionare sul "bosco" e sulle "insidie" presenti ai nostri giorni.
L'albo fornisce l'occasione per ribadire uno dei bisogni assoluti dei bambini piccoli, quello di sicurezza (non percepire paura); capita, ad esempio, quando il bambino piccolo viene messo prima del tempo seduto. Il bambino piccolo ha prima bisogno di esplorare il pavimento, di percepire il suo baricentro vicino al pavimento, poi inizierà a muoversi, a tirarsi su con le braccia, poi a gattonare... non ha bisogno di altro. Non ha bisogno in questa sua fase esplorativa di essere messo seduto a guardare un filmino al cellulare, al tablet o a osservare un cartone animato. Sta ricercando un piacere personale e viene interrotto dall'adulto in questa sua azione naturale. Francesca da pedagogista ribadisce che a parer suo è assolutamente impensabile impiegare questi strumenti tecnologici con un bimbo sotto l'anno, neanche con un bambino di due anni e anche oltre, se possibile.
La velocità dei pixel va ad alterare lo sviluppo neuropsicologico del bambino. Naturalmente non tutti gli studi arrivano alle stesse conclusioni né lei ha le conoscenze da neuropsicologa ma per quello che ha potuto osservare in bambini piccoli e leggere sposa questa "filosofia".
Alcune educatrici al nido le hanno raccontato più volte che i bambini di oggi sono presto annoiati dalle proposte, che i bambini manifestano con espressioni facciali una volontà di cambiamento - è come se fossero posseduti da una "smania" esterna - perché sottoposti a ritmi accelerati su tanti fronti e quindi gli adulti a volte per calmarli li "piazzano" davanti allo smartphone.
Quando propongo a un bambino piccolo un cartone animato o una app, qual è il valore aggiunto che voglio fornire al piccolo?
Innocenti ne parla nel suo libro, facendo vedere i bambini "piazzati" davanti alla televisione al mattino (non c'è un modo migliore per iniziare la giornata?). Ci sono dunque ritmi di vita veloci: bisogna dunque riaffermare il valore della lentezza.
E qui la pedagogista cita il bellissimo albo senza parole (ne ho parlato qui) "Telefono senza fili" (di Ilan Brenman e Renato Moriconi, edito da Gallucci) che è venuto in mente all'autore proprio durante un pranzo per fare giocare i bambini.
Recuperare dunque la capacità di riflettere sul perché i bambini si annoiano e cercare delle soluzioni alternative e creative a quelle della tecnologia (vari device).
Per esempio, quale valore può avere una app sulle fiabe rispetto a una fiaba letta dalla mamma, alla relazione che si instaura durante la lettura tra adulto e bambino? Quindi, cosa possiamo raccontare a un bambino alla sera?
L'oggetto in sé, il device (ipad, cellulare...) è di per sé neutro. Dipende da come lo utilizziamo.
Quando gli adulti si trovano in difficoltà sarebbe più importante provare a unire le forze, confrontarsi, capire come fare anche parlando. .
A volte invece usiamo delle "scociatoie" che ci illudono di risolvere i problemi.
Una casa a misura di bambino
Francesca presenta un libro della Red! che si chiama "Una casa a misura di bambino" di Chiari Honegger Sara Honegger che fornisce semplici consigli per attrezzare una casa che aiuti il bambino nei primi tre anni di vita a conquistare delle autonomie per lui importanti, come vestirsi da solo. Piccole autonomie che soddisfano il suo piacere personale.
I bambini possono stare anche tanto tempo a giocare da soli, basta che l'adulto sia nella stessa stanza o nelle vicinanze, che loro si sentano protetti: il bambino vedrà che l'adulto se occorre verrà in suo aiuto, altrimenti ognuno fa il suo.
Abbiamo perso molte consuetudini, come veder cucire (io ho avuto la fortuna di avere una zia in casa che ricamava all'uncinetto le coperte), scartavetrare una finestra (quanti lavori ho visto fare a mio papà in casa, specie in estate, quando si prendeva le ferie sfalsate rispetto a mia mamma e rimaneva con noi e dipingeva gli antoni e ci cucinava...), fare il cambio degli abiti (me lo ricordo ancora quando mia mamma lo faceva, era una sorta di giornata evento!). Abbiamo perso queste routine e ora proponiamo da piccolissimi il corso di inglese, magari in CD, per stimolarlo. Ok i neuroni specchio ci hanno dimostrato quello che già molti avevano osservato, cioè che veder fare le cose aiuta a farle anche senza farle direttamente.
Il gioco in questo senso aiuta il bambino a crescere, ma non occorre avere delle app che gli insegnino a spostare il triangolo. Si potrebbe chiedere per esempio, per educarli all'approccio matematico a chiedergli se ci aiuta ad appaiare i calzini, oppure in generale: a fare il bucato, a riordinare...
Ci sono dati allarmanti forniti dai pedriatri che dimostrano che i bambini in età prescolare trascorrono da 3 a 6 volte di più del tempo auspicabile davanti a TV, tablet, cellulari.
Forse dovremmo porci una domanda a monte: usare queste apparecchiature tecnologiche aiuta i bambini a soddisfare i loro bisogni fisiologici?
I bambini di oggi hanno bisogno di esplorare la noia, per inventarsi cosa fare. Frugare nei cassetti, nella borsa della nonna,
dalla quale tirare fuori: un centrino, una noce, delle chiavi, uno specchio...
La scatola delle meraviglie funziona sempre: attraverso la scatola li accompagnamo attraverso delle certezze (ritroveranno oggetti che li hanno stupiti) e poi aggiungiamo ogni tanto, un imprevisto, una novità, per stupirli. Vedrete quanto a lungo staranno a giocare. E' meglio di tutti i giochi elettronici che chiedono un po' al bambino di fare la "scimmietta", di eseguire in sequenza dei comandi, senza che il bambino ne capisca la logica. Un'operazione per cui il bambino non è pronto, una competenza che acquisisce nel tempo.
Munari
Francesca propone uno dei giochi di Munari, edito da Corraini editore, (l'ho citato qui, nel post sulla mostra al MUBA a lui dedicata)...
Munari, acuto osservatore, diceva che la società è truffaldina, che un buon giocattolo deve essere aperto: il bambino poi deve comprenderlo da solo. Qui si possono inventare migliaia di storie diverse, sovrapponendo i lucidi uno sull'altro, magari attraverso l'uso di una finestra o - chi ce l'ha - di una lavagna luminosa, o di un tavolino a vetri con sotto una lampada...
Una domanda dal pubblico: Ester, che lavora a Fluidoflusso (qui il link) uno spazio molto interessante in via Melchiorre Gioia, chiede a Francesca se prima ci sono dei passi da fare, per passare dalla bidimensionalità delle immagini dello schermo alla tridimensionalità della vita (Francesca ha promesso di rispondere prossimamente perché la risposta sarebbe stata troppo complessa...).
La pedagogista ha detto che un bambino prima di riconoscere qualcosa fuori di sé deve introiettarla: infatti alla nascita il bambino è indistinto tra lui e la mamma, perché è stato a contatto per nove mesi nella pancia della mamma, immerso in un liquido accogliente, accompagnato dal suono del battito del cuore e della sua voce. per cui, alla nascita, sa già tante cose, ma quando viene al mondo proietta le conoscenze, introiettando per prime le cose che conosce già.
Si parla di effetto profondità, della "Caduta di Costantinopoli": i pittori Masaccio e Piero della Francesca hanno dipinto dei personaggi molto materici, con pochi dettagli, cercando di studiare la prospettiva. In Nord Europa (parte mittle europea) sono prevalsi i dettagli: la prospettiva dei pittori nordici è una sovrapposizione di strati per immagini. Cioè alla fine tutto torna e dipende dalla cura che c'è dietro.
Adulti e tecnologia... alcune riflessioni
Un pessimo impiego della tenologia negli adulti per esempio può essere - per economizzare i tempi - delegare a whatsapp le discussioni, evitando gli incontri di classe che fanno emergere i veri problemi e confrontare le persone. Nella nostra quotidianità dobbiamo impiegare gli strumenti e la tecnologia per aiutarci a non perdere tempo, ma al tempo stesso non dobbiamo perdere la partecipazione.
E La pedagogista invita a riflettere sull'abuso di fotocopie, della tecnologia, sulla velocità, sull'uso precoce di app che aumenta il ritmo nei bambini, che poi da grandi verranno "etichettati" come iperattivi.
Al posto delle app Francesca propone un libro bellissimo
Il libro aiuta a passare a comprendere alcune cose con semplicità...
Si tratta de "Cubi sorpresa" di Yusuke Yonezu, Miniedition (qui un link per approfondire). Nei nidi che coordina, o quando fa corsi di formazione per educatrici, di solito Francesca consiglia di abbinare il libro al cesto dei cubi.
Il discorso che prosegue è lungo: certo c'è uno scarto di conoscenze tra adulti e ragazzi adolescenti in merito all'uso dei social: i ragazzi tengono "aperte le porte" ma al tempo stesso vorrebbero che i loro genitori non andassero a curiosare e controllarli...(la richiesta è vorrei che le persone non invitate non entrassero...)
Si parla tanto del bullismo che passa attraverso i social ma per la pedagogista il vero problema è il bullismo non il cyberbullismo. Il bullismo nasce dalla disattenzione, da mancanza di empatia (ne ha parlato qui Daniela Palumbo); bisogna fornire esempi concreti su come si parla con qualcuno, con cui si rispetta lo spazio dell'altro.
Secondo una circolare ministeriale è vietato l'uso del cellulare ai ragazzi ma non ai docenti: e dare l'esempio?
La pedagogista parla anche di privacy e del diritto alla privacy: è contraria all'abuso di immagini che mostrano le case (che sono il nostro nido privato), i bambini, postare frasi dei bambini.
La riflessione con cui ci lascia è dunque questa: che farei se persone non invitate entrassero in casa mia? Con quale diritto pubblico le frasi di mio figlio? Sapendo che sul blog hanno una lunga durata?
(su questo io ho una posizione diversa, su cui ho discusso più volte con Francesca e di cui spero di parlarne a parte: in sintesi, per me dipende. Se un bambino non vuole, certo che non violo la sua richiesta. Ma se documento, osservo e penso che un bambino sia un essere che va ascoltato, come dice Lorenzoni, che i bambini sono poeti, per me citare una frase o un discorso dei miei figli restituisce la dignità di quello che hanno detto, perché per me è dare valore a quello che dicono, non per dire mio figlio è più intelligente, ma perché le frasi che dicono i bambini mi colpiscono, aprono mondi, i bambini senza saperlo sono poeti e come tutti vanno riconosciuti come tali, senza nomi di fantasia. Se cito un autore, perché non posso citare un bambino?).
Infine, per chiudere in bellezza e con due risate, Francesca ci propone la lettura di un libro che ... scoprirete solo leggendolo... io vi posto qualche foto, invitandovi a cercarlo. Si tratta di "E' un libro" di Smith Lane, edito da Rizzoli (qui).
soii protrebbe in sintesi chiamarlo un "dialogo tra sordi" tra due persone che sono diametralmente opposte, una tradizionale che sa cos'è un libro, e una ipertecnologica che non sa cosa farsene. Certo, leggendolo, si fanno tante domande e si aprono tante riflessioni.
Grazie Francesca!
Per chi volesse ascoltare dal vivo Francesca Romana Grasso - ne vale la pena - ecco i prossimi appuntamenti alla biblioteca di Zara:
5 maggio (Bambini target: il secolo del bambino ? Raramente i bambini sono stati al centro di interessi commerciali così persuasivi da produrre cambiamenti sostanziali di comportamenti e visioni. L'incontro si propone di attivare dialoghi interiori per riconoscere quegli elementi che si avverono come incoerenti); 19 maggio (Rispettare sé e gli altri: percorsi di educazione sentimentale e civica Nella società moderna il senso civico e il buon senso hanno deviato considerevolmente rispetto alle consuetudini su cui si è ordinato la convivenza sociale: adulti e bambini, insieme, possono co-costruire nuovi orizzonti di senso e realizzare pratiche di convivenza all'insegna della cooperazione e del benessere). Gli incontri sono dalle ore 18.15 alle 19.45
Info pratiche: Biblioteca Zara, Viale Zara 100 20125 Milano Telefono:02 8846 2823 (Metro Lilla, fermata Marche)
A chi è dedicato: gli incontri sono aperti a tutti, e si rivolge nello specifico, a genitori, nonni, babysitter e a tutte le persone che concorrono alle azioni di cura familiari (educatori, insegnanti, bibliotecari, pediatri, arteterapeuti, psicomotricisti, operatori educativi e socioculturali che si occupano di persone in età compresa tra zero e sei anni e alle famiglie). Ingresso libero.
Il progetto è finanziato dal Consiglio di Zona 2 e realizzato in collaborazione con Codici Ricerche.
Ma siccome Edufrog è molto versatile, c'è in ballo a maggio qualcosa di più grosso...
#dasegnareinagenda: Family CARE
Sabato 28 e domenica 29 maggio torna, presso il Museo Mille Miglia, Family CARE, il festival per l'infanzia e le famiglie. Dopo il successo riscontrato nell'edizione 2015 (oltre 2500 presenze in una giornata), Family CARE raddoppia: divenendo Festival e proponendo due giornate tra incontri, laboratori, spazi dedicati al gioco e numerosi stand. Tutte le informazioni le trovate qui (dove trovate già il programma da scaricare: ci saranno nomi preziosi e persone davvero speciali!!). Ideato dall'Associazione Emmi's Care, di Brescia e organizzato in collaborazione con Edufrog, nasce nel 2014 per dar vita a giornate dedicate alle famiglie e ai bambini, con lo scopo di sostenere la diffusione di buone pratiche di cura, favorire la nascita di reti sociali, collaborazioni professionali e la partecipazione di tutti i cittadini per città sempre più a misura di bambino.
Nessun commento:
Posta un commento
Se ti è piaciuto questo articolo e pensi sia utile condividilo con i tuoi amici.
Grazie!