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Da sinistra: Letizia Luini, Greta Persico, Monica Guerra, Andrea Galimberti, BEAT, Università Milano Bicocca e l'editore Pietro Corraini, Corraini Edizioni. |
Se dovessi scegliere un regalo per me stessa — o per una persona a cui tengo davvero — non avrei dubbi: sceglierei Nature, le 133 carte ideate dal gruppo di ricerca BEAT – Biodiversity Education and Awareness Team dell’Università di Milano-Bicocca, composto da Monica Guerra, Andrea Galimberti, Letizia Luini, Greta Persico, Angela Rinaldi e Francesca Rota, con la partecipazione di Rosa Buonanno e Angela Sangalli,
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Credits: Corraini Edizioni |
e si arricchiscono delle illustrazioni scientifiche e insieme poetiche di Giulia Vetri, che dà vita a piante, animali e paesaggi e pubblicate da Corraini Edizioni. (qui)
Non solo perché sono belle — lo sono davvero, con i loro colori e la loro leggerezza grafica — ma perché rappresentano un modo diverso di abitare il mondo, di guardarlo, di esplorarlo e, soprattutto, di stare insieme.
Si tratta di un mazzo di carte accessibile a tutti - il prezzo è di circa 20 euro - e proprio questa accessibilità è parte della sua forza. Può arrivare ovunque: nelle scuole più periferiche, nei contesti dove le risorse sono poche, ma anche nei giardini e nei grandi spazi dove la sperimentazione educativa ha radici più solide. Perché l’idea che le sostiene è semplice e rivoluzionaria allo stesso tempo: esplorare non richiede strumenti costosi, ma sguardi attenti.
La seconda presentazione ufficiale di Nature si è tenuta al MUBA, il Museo dei Bambini di Milano. Ormai è quasi una tradizione: Monica Guerra sceglie questo luogo per condividere i suoi progetti, ed è sempre un po’ come tornare a casa. Non è solo una presentazione editoriale: è un momento di incontro, di scambio di esperienze e visioni. E chi la segue da tempo sa che ogni parola è il frutto di un percorso di ricerca collettivo.
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Credits: Corraini Edizioni |
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Credits: Corraini Edizioni |
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Credits: Corraini Edizioni |
Un mazzo di carte, un orizzonte di possibilità
A uno sguardo veloce, le Carte Nature possono sembrare semplici schede colorate. In realtà sono un dispositivo pedagogico aperto, frutto di anni di osservazioni e sperimentazioni con educatori bambine e bambini. Ogni carta propone un’azione, un gesto, un modo per entrare in relazione con ciò che ci circonda: un bosco, un cortile, un parco, ma anche un balcone, un angolo di città, un’aiuola dimenticata.
Alcune carte invitano a sentire — “toccare”, “ascoltare”, “annusare” — altre a immaginare, a raccogliere tracce, a costruire ipotesi. Ce ne sono di più riflessive, di più sensoriali, altre ancora stimolano l’immaginazione e la rielaborazione creativa.
Tra queste, due carte hanno un valore speciale: “esplorare” e “documentare”. Sono carte “jolly” ma, come racconta Guerra, non sono un extra, bensì due pilastri fondamentali. Esplorare è la porta d’ingresso, il primo passo che permette a bambini e adulti di aprirsi al mondo con curiosità. Documentare è la memoria viva: l’atto che consente di tornare all’esperienza, di ripensarla, di rileggerla da nuove angolature.
Ogni mazzo ha due gradazioni di colore, che suggeriscono passaggi, fasi possibili di un percorso. Non esistono sequenze obbligatorie. Si può estrarre una sola carta e lasciare che quella guidi l’esperienza. Oppure si può costruire una trama narrativa, un viaggio fatto di tappe, in cui ogni azione apre un sentiero nuovo.
“Abbiamo preferito esagerare con il numero di azioni,” spiega Monica Guerra. “Non perché servano tutte, ma per mostrare la ricchezza delle possibilità. Quando abbiamo in mente pochi modi per esplorare, rischiamo di non vedere tutto il resto.”
Uno strumento inclusivo e flessibile
Una delle caratteristiche più potenti di queste carte è la loro adattabilità. Possono essere usate nei nidi, nelle scuole dell’infanzia e primarie, nei percorsi di educazione ambientale, nei laboratori pomeridiani, in famiglia, e persino in contesti universitari. Non contengono istruzioni rigide né programmi preconfezionati: sono porte da aprire, inviti a mettersi in cammino.
Durante le sperimentazioni condotte in diversi contesti, molti educatori hanno usato le carte in parchi cittadini, spazi apparentemente ordinari. Lì, bambini e bambine hanno iniziato a esplorare armati di taccuini personali. Non un compito, ma un modo per non perdere le tracce delle esperienze vissute. Disegni, parole, mappe, segni diventavano il filo rosso di una ricerca condivisa.
Ricerca condivisa: imparare a camminare insieme
Le Carte Nature propongono una metodologia che non presuppone un sapere unico. L’adulto non è “colui che sa” ma colui che cammina accanto. Bambini e bambine diventano protagonisti attivi: esplorano, formulano ipotesi, costruiscono saperi propri. Questo scardina, almeno in parte, l’impostazione tradizionale della didattica frontale e apre a una ricerca autentica.
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Credits: Corraini Edizioni |
Le azioni suggerite non sono vincoli: possono trasformarsi, perdersi, essere abbandonate. Un bambino può partire osservando un insetto e ritrovarsi, dopo mezz’ora, a inventare una storia. Un gruppo può iniziare esplorando e finire documentando con un disegno o una conversazione. Tutto è possibile, perché non si tratta di eseguire un compito, ma di abitare un processo.
“Non ci interessa che l’azione si compia dall’inizio alla fine,” aggiunge Guerra. “Ci interessa che accenda una scintilla, che dia il via a un desiderio di scoperta.”
Un progetto che cresce nel tempo
Le Carte Nature non si esauriscono in un giorno. Possono accompagnare bambini, educatori e famiglie per anni, perché ogni carta può essere interpretata in modo diverso a seconda della stagione, del luogo, dell’età dei partecipanti. Un invito a “camminare” in primavera è diverso da uno in inverno. E anche lo stesso spazio, guardato con occhi nuovi, cambia volto.
Intorno a queste carte è nata una rete di educatori, insegnanti e ricercatori che si incontrano periodicamente per condividere riflessioni, domande, nuove esperienze. È un approccio aperto e dinamico: non c’è un manuale da seguire, ma un terreno comune di confronto.
Curiosità come prerequisito
L’unico vero requisito per usare le Carte Nature è la curiosità. Non serve essere esperti, naturalisti o insegnanti con decenni di esperienza. Serve soltanto la disponibilità a mettersi in discussione, a cambiare punto di vista, ad accogliere anche prospettive lontane dalle proprie certezze.
Le carte possono essere usate da chiunque: da chi vuole vivere un pomeriggio diverso in famiglia, da insegnanti che cercano nuove pratiche educative, da gruppi di formazione per adulti. Sono pensate per parlare di biodiversità — nel senso più ampio possibile — ma lo fanno a partire dalle domande. E le domande, spesso, sono quelle dei bambini: semplici, dirette, profonde.
Un invito a ribaltare la prospettiva
Le Carte Nature hanno qualcosa di rivoluzionario nella loro semplicità: invitano a guardare “a testa in su” o “a testa in giù”, a scardinare la routine, a mettersi in ascolto. A riconoscere che la biodiversità è ovunque, anche in un tarassaco che cresce tra le crepe dell’asfalto o nel volo di un piccolo uccello intravisto per caso.
Non sono un gioco nel senso stretto del termine, ma possono diventarlo. Hanno una sorta di “bugiardino” — come i giochi o le medicine — ma non prescrivono nulla, suggeriscono. Lasciandosi ispirare da poche carte per volta e procedendo con continuità, si possono vivere esperienze sorprendenti, che siano sul ballatoio di casa o in un parco cittadino.
Un seme che germoglia
In un’epoca in cui si parla spesso di “innovazione” in educazione, le Carte Nature ci ricordano che a volte la vera innovazione sta nella semplicità: in un mazzo di carte, in un invito gentile a guardare meglio. Non servono strutture complesse per iniziare una ricerca significativa: basta una carta, un passo, uno sguardo curioso.
“Le persone hanno tanti modi di esplorare,” conclude Monica Guerra. “Se li metti davanti a te, li vedi. E quando li vedi, puoi iniziare davvero a ricercare insieme.”
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