domenica 26 ottobre 2025

Beate Weyland e le piante come soggetti educanti


Oggi vi parlo di un’esperienza a mio avviso "straordinaria" (ovvero fuori dall'ordinario e che sarebbe stupendo diventasse realtà in tutte le scuole di ogni ordine e grado), raccontata - all’incontro “Educazione all’aperto – Creare connessioni tra il dentro e il fuori” che si è tenuto sabato 18 ottobre a Verbania (qui), organizzato dal Coordinamento pedagogico territoriale, distretto VCO, a cura di Daniela Reali, direttrice dei nidi comunali e Andrea Rolllini, coordinatore pedagogico distretto VCO-1 - da Beate Weyland, direttrice del laboratorio Eden Love Educational Environments with Nature. della Libera Università di Bolzano (qui) un progetto che unisce pedagogia, architettura e design per ripensare gli spazi educativi.

Cresciuta sul Lago Maggiore, Beate ci ha portato dalle radici della sua infanzia alla ricerca innovativa che oggi coinvolge scuole di ogni ordine e grado, con un obiettivo chiaro: trasformare gli ambienti educativi in paesaggi educanti, dove le piante non siano solo decorazione, ma veri e propri soggetti educanti.

Il punto di partenza della sua ricerca è la biofilia di cui si occupa Giuseppe Barbiero (ne ho parlato qui), l’amore per la vita e per la natura intesa come tutto ciò che vive.

Beate osserva come, spesso, questo legame sia ridotto: molti adulti e bambini non conoscono più gli alberi, i fiori o gli insetti attorno a loro, fenomeno che Lucy Jones descrive nel suo libro "La specie solitaria. Perché abbiamo bisogno della Natura" Edizioni Ambiente (qui) dove emerge come la perdita del contatto con la natura incida sul benessere fisico, psicologico e sociale. L’autrice sottolinea anche la perdita del vocabolario naturale, ovvero la capacità di nominare e riconoscere le piante: senza parole, non possiamo davvero prenderci cura di qualcosa. Questo concetto diventa centrale nel lavoro di Weyland, che sperimenta strategie per far riscoprire agli insegnanti e ai bambini il linguaggio delle piante (citando anche i libri e il lavoro di Stefano Mancuso).

Nell’esperienza di Weyland, le piante diventano catalizzatori di cambiamento. Un insegnante di scuola secondaria, trovandosi in un’aula spoglia e priva di interesse, scopre con lei che anche poche piante possono trasformare l’ambiente e la percezione dello spazio. L’interazione con le piante diventa così un ponte tra ambiente e didattica: aiutano a capire le dimensioni dello spazio, stimolano nuove relazioni e incoraggiano un approccio creativo e sensoriale all’apprendimento. Come sottolinea Weyland, le piante sparigliano gli automatismi della didattica, introducendo tempi e modalità di cura che arricchiscono l’esperienza educativa.


Il laboratorio Eden Love (un libro è stato edito da Corraini qui) ha sviluppato numerosi percorsi di ricerca-azione con le scuole, trasformando i fondi destinati alla formazione in veri progetti di ricerca condivisa. L’obiettivo è offrire agli insegnanti un nuovo ruolo: non solo esecutori, ma professionisti della ricerca educativa, capaci di documentare e valorizzare le proprie osservazioni. Questo approccio permette di sperimentare spazi educativi immersivi, dove il gioco libero, l’esplorazione sensoriale e l’interazione con le piante diventano strumenti per rispettare i diritti dei bambini, tra cui il diritto al gioco, sancito dalla Convenzione ONU (dal sito Unicef qui ove si specifica che questa convenzione non sia stata ratificata dagli USA).

L’esperienza pratica è ricca e variegata: i bambini portano a scuola le proprie piante, le osservano, le battezzano e le collegano tra loro attraverso giochi di connessione. Attraverso attività ludiche come Micado o dama con le piante, sviluppano motricità fine, equilibrio, attenzione e capacità di osservazione, imparando a conoscere le piante attraverso il gioco e i cinque sensi. Anche l’arredamento si trasforma: arredi progettati ad hoc, con la collaborazione di designer, permettono di portare le piante in ogni ambiente educativo, dall’aula alla scuola all’aperto.

In sintesi, la ricerca di Beate Weyland ci invita a riprogettare gli spazi educativi considerando le piante come co-educatori. Non si tratta solo di estetica, ma di pedagogia, creatività e benessere: le piante diventano strumenti per osservare, giocare, imparare e prendersi cura. Portarle dentro le scuole significa sviluppare competenza, empatia e responsabilità, aiutando i bambini a entrare in contatto con la vita in tutte le sue forme e a costruire una relazione consapevole con l’ambiente che li circonda. Un percorso che parte dall’esperienza sensoriale e ludica, per arrivare a formare cittadini consapevoli e rispettosi del mondo naturale. Ecco tra le tante pubblicazioni di Beate Weyland due disponibili non solo in forma cartacea ma anche in open access (ce ne sono anche altre): Sentire con le piante. Diario di bordo (qui open access):: pubblicato da Guerini Scientifica nel 2024, Guerini e Associati

Edugreen Fare scuola con le piante. Per una nuova coesistenza educativa 
(qui open access): Guerini e Associati

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