"Andai nei boschi perché volevo vivere in profondità
e succhiare tutto il midollo della vita...
per non scoprire in punto di morte di non aver mai vissuto".
Walden, di Henry David Thoreau
Sono passati alcuni giorni da quando
Robin Williams ha deciso di lasciarci, prematuramente, e sono ancora
molto scossa. Inevitabile chiedersi il perché di quel gesto e perché
questa morte, più di altre, abbia colpito nel segno, abbia lasciato
un vuoto in molti di noi (Il mio cuore è spezzato – ha scritto Jeff Bridges
– Lui è uno scrigno di creatività”).
Dopo tantissimi anni - mi fa effetto
pensare di essermi portata dietro questa estate in vacanza proprio
quel DVD che ho tenuto incellophanato in casa per almeno un decennio
- ho rivisto “L'attimo fuggente”, capolavoro di Peter Weir che lo
vede protagonista con un ruolo di un professore maieutico, di quelle
persone speciali che capita di incontrare per una serie di
coincidenze fortunate e che ti cambiano la vita. E non ho potuto non piangere, sia per
la bellezza della storia, sia ancora per il tragico destino che Robin Williams ha scelto per uscire di scena, proprio come uno dei
protagonisti del film. A quasi sei mesi di distanza da un
altr'altrettanto bravo e disperato, Philip Seymour Hoffman.
Viene da pensare cosa sia successo a un
uomo sensibile e generoso. Padre di tre figli, che forse non a caso,
ha voluto lasciare un ultimo saluto su twitter proprio alla sua
“bambina”. Ultimo dolce pensiero a Zelda. Chissà che cosa sarà
poi passato nella sua testa. O chissà se la sua testa era vuota. O, invece, invasa
da mille pensieri, orribili pensieri, che lo attanagliavano. La
depressione purtroppo è una “brutta bestia” che si insinua nella
tua vita stravolgendo quello che sei e quello che pensi. In poco
tempo, ti ritrovi avvolto nel suo manto che annebbia e trascina
vorticosamente dentro un buco nero. Se non hai appoggi e aiuti,
precipiti in un'oceano buio, come la protagonista di "Lezioni di
piano", quando viene improvvisamente trascinata giù dal pianoforte
nell'acqua. In quel caso lei ha scelto la vita.
Ma non sempre quella
è la strada che viene facile percorrere, spesso la via più semplice
e liberatoria sembra essere proprio cessare di vivere. Ma in quel
momento non si è pienamente coscienti di quello che accade. C'è
un'altro te che ti accompagna nei luoghi bui della tua esistenza dove
ci sono ancora i nodi che non sei riuscito a sciogliere, dove c'è
una fitta trama, una rete invisibile che ti avvolge e cattura a sé. In
quei momenti serve non rimanere mai soli, non essere lasciati soli, e
sentire l'affetto delle persone accanto; anche se le dolci e
confortanti parole degli affetti più cari scivolano via come l'acqua
sul petrolio; ma alla lunga parole, gesti, affetto contano. Eccome.
E, magicamente, un giorno ti ritrovi di
nuovo a provare piacere in quello che fai, desideri di piccole cose.
Si riparte sempre dalle piccole cose. Come sono le piccole cose che
di colpo, quando ripiombi, diventano macigni insopportabili che ti
trascini dietro come catene, bellissima ma anche inquietante immagine della sposa nel film di Lars Von Trier, "Melancholia".
Capitano, o mio capitano. Ci hai fatto
piangere e ridere, ci hai regalato momenti di pura poesia e rimarrai
nel cuore di molti, per sempre. Nel mio di sicuro. Buon viaggio.
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