lunedì 20 gennaio 2025

"Diario di una foglia" di Barbara Cuoghi e Francesco Fantoni, Scienza Express

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Immaginate di mettervi nei panni di una foglia e di vivere la sua vita. Non male eh? Il racconto scritto da Barbara Cuoghi e illustrato da Francesco Fantoni edito da Scienza Express (qui) che si chiama "Diario di una foglia" ha un punto di vista singolare, che cattura subito il lettore sia dal punto di vista della scrittura sia dal punto di vista della prospettiva delle illustrazioni.  

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Quella che ci parla è una foglia in fieri : la storia ripercorre le quattro stagioni a partire dall'inverno fino all'autunno, appunto. La capacità di scrittura così scorrevole, piacevole ma anche così puntuale e precisa, di Barbara Cuoghi, apprezzata da tutti quelli che la seguono e che la conoscono, sicuramente catturerà la curiosità di molti bambini (e non solo), riuscendo a fornire allo stesso tempo molte informazioni curiose e altre utili. 
All'interno di questa storia - in cui la protagonista è una foglia di tiglio molto curiosa e chiacchierona - se ne intrecciano altre più piccole ma altrettanto interessanti, tutte viste da un punto privilegiato: la cima dell'albero. Lei infatti osserva cosa succede nel prato sottostante e quindi "scruta" chi passa, che siano adulti, bambini o cagnolini.

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Basta leggere questo passaggio per innamorarsene subito: "ieri, dopo le dodici, l'aria aveva un contenuto di anidride carbonica appetitoso, l'acqua servita dalle radici era fresca, il cielo era azzurrissimo e la luce era diffusa con le lunghezze d'onda succulente e pronte per essere catturate. Mi ribolliva la clorofilla nei cloroplasti e non ho resistito: mi sono srotolata un po' a scatti, per la verità, perché ancora non controllo fluidamente i miei movimenti ma, anche se goffa, mi sono offerta la luce in tutto il mio splendore."

Ed è così che inizia la descrizione di una foglia che sta per nascere, tenera e delicata, come quelle che osserviamo spuntare in primavera.

Questo libro usa anche dei termini che possono sembrare difficili ma che sono termini scientifici e, quindi, sono l'ideale per apprendere con piacevolezza una terminologia che è propria delle scienze naturali, termini che però possono essere spiegati tranquillamente da un adulto accanto, o usando un dizionario, oppure possono essere letti e spiegati ai più piccoli da ragazzini più grandicelli e più attrezzati (o curiosi) a livello scientifico.

Naturalmente, non posso (e non voglio) raccontarvi tutta la storia perché è bellissimo leggerla, magari in compagnia di qualcuno. Le immagini, soprattutto quelle in doppia pagina, sono molto carine e semplici (ma questo non vuol dire che non raccontino tanti dettagli a osservarle scrupolosamente).

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Pertanto, non solo rimarrete incuriositi dalla storia di una foglia, ma anche dai disegni di quest'albero di tiglio e dalla prospettiva aerea e dalle altre piccole storie (es. la famiglia di merli, il cagnolino, gli innamorati....) che vengono raccontate attraverso le illustrazioni e ogni tanto da qualche "quadretto di parole" che riempie il diario di una foglia di scoperte e sorprese.

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In ultimo non posso che essere felice e grata perché tra i giorni scelti da Barbara c'è - casualmente - anche il 2 settembre (il giorno del mio compleanno) e il diario inizia con : "Finalmente il pomeriggio non sono più così bollenti, però le giornate si sono accorciate ed estate volge al termine. Io sono un po' triste anche se le serate fresche sono molto piacevoli."

 E in effetti era proprio quello che provavo il giorno del mio compleanno quando ero ancora in campagna e stavo per rientrare in città: quel senso di malinconia e di bellezza struggente allo stesso tempo che viene fuori da questo piccolo diario tascabile che vi conquisterà subito. Godetevi le atmosfere, sia costruite da Barbara, sia illustrate da Stefano.

venerdì 17 gennaio 2025

La coerenza di un libro - Domande in cerca di risposte

Diario di un'esplorazione attorno al mio stagno, appunti e scoperte di Marie-Louise Delpantano,Franco Cosimo Panini,Thierry Dedieu, domande, errori naturalistici, dubbi, coerenza, recensione, confusione A casa di Anna blog, annapisapiablogspot.com, critica naturalistica, cultura naturalistica

Quanto la licenza poetica in un libro per bambini può essere permessa a tal punto da fornire un "alibi" a informazioni sbagliate a livello naturalistico ? Possono diversi stili intrecciarsi in un libro per bambini senza creare confusione nei lettori? Quanto incidono la traduzione e la redazione?

Quale coerenza deve avere un libro per bambini e come deve essere strutturato per essere comprensibile? Queste sono solo alcune domande che mi sono venute da quando mi sono imbattuta in "Diario di un'esplorazione attorno al mio stagno, appunti e scoperte di Marie-Louise Delpantano", edito da Franco Cosimo Panini (qui)  di Thierry Dedieu.

Premesso che si parla di "appunti di un artista e curiosa e che non si parla di una protagonista che è naturalista, allo stesso tempo i disegni e alcune immagini sono fortemente naturalistici... da qui i miei dubbi a cui mi piacerebbe ricevere risposte da chi ne sa più di me, visto che un libro simile dell'autore ha preso un Premio Andersen nel 2023, quindi evidentemente mi sfugge qualcosa.. E vi chiedo aiuto.

Infatti in base alla mia esperienza sia di naturalista e sia di curiosa di albi illustrati, non ho potuto evitare di pormi delle domande fondamentali

Guardando questo libro non si riesce a capire qual è il target di riferimento e, mettendomi nei panni di un'insegnante della primaria - che potrebbe non essere esperta di natura - o nei panni di un genitore poco avvezzo al mondo naturalistico mi chiedo come possano "vivere" questo libro accanto a dei bambini. Alla fine, mi sono posta anche la domanda se questo libro possa essere letto in modo autonomo da un bambino ... ora vi spiego perché.

Quello che mi scombussola non poco è che non si parla di un autore ignoto ma di un esperto, laureato in scienze e autore di libri per l'infanzia.

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L'introduzione è molto chiara: si dice che ha la protagonista è una rana (sembra una "rana rossa" una specie più terricola delle rane verdi, ma non ne sono sicura) che ha una vera passione per le arti il disegno la pittura e la fotografia e non esce mai di casa con la macchina fotografica o il pennello e che ha scoperto una serie di sorprese nel suo stagno. 

Le aspettative sono chiare: un libro artistico, che vuole portarci a scoprire i dettagli della vita in uno stagno. Mi ha fatto subito pensare a un libro fiaba o comunque a un racconto in cui la protagonista è un animale - nello specifico una rana - e che poi la storia sarà di invenzione.

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Se si rimane nel tono della fiaba e del racconto poetico Allora l'immagine "il mio arcobaleno"può funzionare. Assolutamente.

Poiché sono una naturalista - e quella che viene mostrata è una foto  - mi sono fatta delle domande: una rana vede i colori come noi? Cosa fa una rana in autunno? Riesce a vedere le foglie cangianti in giallo e rosso o è già in ibernazione?

A un certo punto la rana - o meglio l'autore - ci presenta alcune specie che incontra: ecco una crisopa. Poiché quella che vedo è una crisopa, da questo momento in poi l'autore diventa un riferimento per le specie presentate: gli credo. Gli dò valore, perché non dovrei?

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Passiamo alla pagina successiva in cui compare una "Samara". Siamo sicuri che sia una samara? 

Che io sappia due samare unite come quelle di tanti aceri si chiamano disamare. Infatti, se guardo in qualsiasi dizionario:  "La Samara è un frutto secco appiattito, con un solo seme, a forma di ala per sfruttare la forza del vento per una più ampia diffusione del seme." La Disamara: è un frutto secco, formato da due samare affiancate simmetricamente, a formare una specie di elica che favorisce la disseminazione tramite il vento.

E allora perché tradurle con samara? È una svista o è voluto (perché comunemente si parla di samare)?

Proseguiamo... 

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C'è scritto: "a volte mi capita di imbattermi in un antico egizio".

Cosa vorrà dire? (si chiederanno un bambino o un ragazzino poco curioso o che non hanno amato molto gli antichi Egizi?) 

Beh certo se al posto di questa immagine fosse stata scelta quella di un Ibis sacro (qui), qualcuno forse avrebbe avuto qualche reminiscenza relativa agli animali sacri agli Egizi (ippopotamo, coccodrillo ... ibis sacro). Peccato che l'ibis sacro sia bianco e nero e non corrisponda all'immagine proposta, che quindi non è collegata al testo e può risultare ancora più incomprensibile.

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Passiamo alla pagina successiva dove viene vista una formica che in realtà non è un solo una banale formica ma è una formica "soldato" o "guardiana" con delle mascelle molto grandi per difendere il nido (premetto che non sono esperta)  perché nelle formiche ci sono tanti individui molto differenti a livello "estetico" tra di loro, Nella pagina destra accanto l'autore "azzarda" un'associazione che potrebbe non essere compresa (anche se corretta).

Ho chiesto a diverse persone cosa rappresentasse e mi hanno detto: ma sono mosche?
In realtà si tratta di un periodo ben preciso in cui le formiche diventano di colpo alate e hanno una sciamatura in gruppo. Ora mi chiedo: quante persone lo sanno? Qualcuno sarà così curioso da cercarlo? Se un bambino chiede a un adulto che risposta riceverà? Quanti adulti saranno capaci di dire: non lo so, lo scopriamo insieme?

Quanti lo sanno così tanto sulla vita delle formiche a tal punto da poter analizzare con coerenza a questa immagine? Non ho una risposta, ma mi piacerebbe confrontarmi.

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Dopo essere tornati in un'atmosfera fiabesca e ironica, ecco un'altra pagina che non mi è chiara. Il testo dice: :"non sono la sola ad adorarlo. Anche il ragno granchio ha i suoi pasti preferiti "

A chi si sta riferendo la rana? Alla preda del ragno granchio femmina, che è una mosca? Se è così, allora la frase non sta in piedi a livello di italiano.

Al fiore rosa? Si sa che i ragni granchio sono esseri affascinanti, le cui femmine hanno quell'aspetto e di solito sono mimetiche e assumono il colore del fiore su cui stanno. Ma questo è un ragno bianco su un fiore rosa che mangia una mosca o un suo parente (guardate che occhi grandi, tipici degli insetti imparentati con le mosche) 

Cosa vuole raccontarci l'autore? La predazione o il fiore? Come ha fatto a catturare la preda senza essere visto dalla Mosca? Mistero! (Mi piacerebbe molto chiederlo all'autore del libro o alla traduttrice).

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Ecco un'altra pagina che mi ha messo in crisi come naturalista perché questo è proprio un vecchio luogo comune difficile da levare dalla testa delle persone e che viene invece rinforzato da questa immagine

Viene presentato "il mio Raymond": il lettore associa questa immagine di un rospo comune allo spasimante della nostra rana rossa. Eh sì perché il vecchio luogo comune che tanti ancora pensano, ovvero è che la rana sia la femmina del rospo (quante volte l'ho sentito dire non solo da bambini ma anche da adulti?).

La biologia ci dice altro: la rana è una specie e il rospo è un'altra specie. Non possono quindi fare uova. E se anche venissero fuori, i girini riuscirebbero a vivere? Bella domanda (indaghiamo insieme).

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Voltiamo pagina e anche qui anche se non si vuole tornare solo al tono della fiaba e della magia (ma in questo momento il bambino crede a quello che vede e legge, o no?) c'è un errore naturalistico molto comune che non si può lasciare perdere.

L'autore scrive "si chiama Jonas, è il mio figlio prediletto. Ma non ditelo agli altri 327!"

Questo, forse, mi ha detto una persona che ha guardato con me il libro: vuole essere un modo carino per dire che la rana fa tantissimi piccoli. ok

Però c'è quella parola: "prediletto" che non può essere associato ad una rana femmina!!!

E sapete perché? Perché nei pesci e negli anfibi soltanto i maschi si occupano della prole.Come mai? Qui c'è dietro una bellissima ipotesi che ha a che fare con la biologia. Se qualcuno vuole saperlo sarebbe bello che lo andasse a scoprire. Non è che sono pigra, ma penso che le domande che portano a essere curiosi siano più interessanti di risposte preconfezionate.

Ecco qui... ecco un bel merlo maschio. Con il suo becco giallo, la coda all'insù e quell'occhio contornato di giallo. Fa cip cip

Cosa?

Mi sa che questa rana non conosce proprio gli uccelli e ha scambiato il merlo per un passerotto

Alzi la mano chi ha mai sentito dire cip cip a un merlo

Alzi la mano chi non ha mai sentito la melodia che il merlo continua a fare all'inizio della mattina o alla fine della sera o a quelle quei versi sgraziati che emette quando qualcuno lo fa impaurire e che lo fanno scappare di botto

Il merlo non fa cip cip

Non l'ha mai fatto e non riuscirà mai a farlo (qui un esempio di canto)

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In una bellissima immagine in cui si vede l'occhio di un rapace notturno e un topo si scrive mondo crudele

In che storia siamo? È il pensiero di una rana? O è il pensiero degli uomini? Questo è un rapace e quella è la sua preda. Il mondo degli animali "non è crudele", non c'è moralità: se un rapace che non mangia muore. Questa in ecologia si chiama rete alimentare. Non esiste la cattiveria negli animali: esiste il vivere o il morire, il predare o l'essere predati. La compassione o il giudizio fanno parte della sfera umana. Quindi, la domanda è: chi si fa la domanda? Passiamo da un tono ironico a un piano filosofico o morale?

Mi sono un po' persa in questa storia e non riesco a capire questa rana che cosa voglia di dirmi

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L'Airone cenerino non è un buon vicino : mi è stato fatto notare che forse è stato scritto così perché fa rima

Eh sì fa rima però ma questo non è un airone cenerino ma si tratta di un airone rosso molto più rare molto più interessante di un comune (anche se bellissimo) cinerino, che ormai è ovunque, anche a Milano.

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qui sorvolo perché proprio non ho capito a chi si rivolge la falena

Sono sempre più in confusione guardando questo libro ... eppure è un'esplorazione, eppure con qualche domanda al posto di affermazioni poteva incuriosirmi...

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Ecco che arriva una citazione dotta : bellissima e per "volare alto". Ma se la leggo a un bambino o a un ragazzo devo spiegarla? O devo prendere in mano il quadro di Magritte?

Ci sarà chi cogliere questa sfumatura, ma deve essere anche una persona che ha studiato storia dell'arte, conoscere la storia dell'arte francese, e poi sapere che questo è un insetto che assomiglia a una foglia ... un po' complesso (a mio avviso)

 non so se l'accostamento con un intrico di foglie voglia dire la stessa cosa ovvero questa non è una foglia perché sono tante foglie ma dovrei chiedere l'autore


Insomma, ho provato a guardare questo libro con tanti occhi e sono confusa. Possiamo dire che a livello naturalistico 

si scambino tante lucciole per lanterne 

Eppure, cavoli, l'autore si era proposto in modo chiaro: mi ha fatto vedere una crisopa (non tutti la conoscono, è un insetto bellissimo e molto utile) e io ho pensato che fosse un riferimento da quel momento in poi. Eppure... ha tradito la mia fiducia.

Ho letto e riletto il libro, ho cercato il filo narrativo, ho seguito il tono ironico, i riferimenti fiabeschi, ma non ho compreso se tutti gli errori naturalistici siano voluti e nel caso perché.

Vorrei essere guidata da un libro e non vedere solo delle belle immagini o leggere delle parole che mi fanno a volte sorridere, vorrei capirne il senso al di là delle frasi in rima o della poesia delle immagini.

Mi chiedo come mai ancora oggi ci sia questa disattenzione verso il mondo naturalistico nel uno dei temi centrali che stiamo affrontando come Umanità è quello della biodiversità, prezioso conoscere e soprattutto amare animali e piante perché solo così avremmo la competenza e il rispetto per non distruggerle e per poterle salvare.

Invece siamo ancora qui, con questi "errori soliti "e con il mondo naturalistico che è considerato sempre di serie B rispetto al mondo culturale/artistico.

Sarei curiosa di vedere l'edizione originale per capire se ci sono tutti questi errori naturalistici visto che l'autore è un esperto di scienze


Concludo con una grande domanda: avete voglia di dirmi con sincerità cosa ne pensate? Mi interessa il vostro parere in qualsiasi caso, ma in particolare se siete degli insegnanti o degli educatori, dei genitori o dei bibliotecari o delle persone che lavorano con i libri, li progettano, li creano  li leggono ai bambini.

Grazie

mercoledì 15 gennaio 2025

Educatori esperienziali in natura, di Christian Mancini, 78Edizioni

 


Quanto più tengo a un libro (e a una persona) e quanto più mi emoziona, faccio fatica a elaborare in fretta una recensione. Sarà per questo che mi sono occorsi diversi anni dopo la prima lettura di “Educatori esperienziali in natura - animali, piante, storie e attività per l'Outdoor education” di Christian Mancini, a cura di Raffaella Cataldo, prima che ne parlassi.

 

Il libro è strutturato in tre parti: "Pensare e capire", "Sentire e agire", "Un anno in natura"

La prima parte è più teorica e cerca di indirizzare verso gli autori che hanno formato e ispirato Christian Mancini, la seconda parte è collegata al gioco, a come prepararsi ad andare in Natura e al ciclo (o spirale) naturale. La terza parte del libro è dedicata alla scoperta delle specie, ad attività pratiche - suggerite a seconda delle stagioni - e racconti che possono essere letti - preferibilmente - sotto alcune piante protagoniste delle storie - e che che servono a creare quel coinvolgimento emotivo, che è molto prezioso durante una parte della giornata.

 

Siamo nati selvatici...

Come scrive nella prefazione Giuseppe Barbiero, esperto di Biofilia, e come ci ricorda l'autore del libro (Christian Mancini), in tutto il manuale, noi siamo nati a contatto con la Natura e pian piano, nel corso della nostra evoluzione, siamo passati da esseri inseriti nei boschi e nella Natura selvatica (esploratori) a persone sempre più sedentarie; basti pensare che. "la standardizzazione scolastica prevede che i bambini stiano seduti ai banchi 10.000 ore ".

 

Quindi - in realtà - i bambini iparattivi o che o hanno disturbi di attenzione - e che fanno fatica a stare fermi - in realtà sono delle "vittime" della società moderna, perché la loro attitudine al movimento è qualcosa di innato e primordiale (non a caso questi bambini immersi in Natura tornano a essere calmi).

 

Torniamo a connetterci con la Natura. 

Per tutto il libro l'autore ci invita, quindi, a riflettere e ci dona degli strumenti operativi per poter capire come ritornare a connettersi con il mondo naturale, cercando di stimolare quella che viene chiamata la nostra biofilia, ovvero l'amore per la Natura, quella che è una vera e propria "connessione" ovvero un contatto stretto con la Natura e ci invita a sviluppare la nostra intelligenza naturalistica.

 

Intento dell'autore è quello di invitarci a ritornare in Natura, non solo per diventare curiosi della Natura stessa e scoprire gli esseri viventi (esseri e non oggetti di studio!) che ne fanno parte, ma anche per scoprirci a nostra volta essere viventi come tutti gli altri. Christian lo fa offrendo non solo una base teorica a supporto, ma anche una serie di attività pratiche da fare in natura. 

 

Queste esperienze indimenticabili e piacevoli, proprio in quanto tali, possono portare oltre al benessere e al divertimento a iniziare un viaggio che conduce a una vera e propria trasformazione. Chi ha fatto l'H3educamp sa di cosa parlo. Chi non lo sa potrà capirlo non solo leggendo il libro ma anche sperimentando una delle tante proposte offerte da Christian & Co.

 

Come opera un formatore in Outdoor education?  

Mancini ci invita a provare a capire cosa può offrire quello che viene chiamato un educatore o un formatore in Outdoor Education, che sa guidare un gruppo in natura in un certo modo, con determinate regole e facendo leva - allo stesso tempo - su " testa -mani e cuore" ovvero stimolando al tempo stesso, il pensiero, l'azione e le emozioni per cercare di far sì che ognuno possa trovare un proprio equilibrio in Natura, sviluppare delle proprie competenze a livello naturalistico, imparando a "stare in Natura" e a "sostarvi".
Queste esperienze possano portare sia a un benessere fisico sia a un apprendimento, perché di fatto la Natura è - diciamo - il contesto più prezioso in cui apprendere la totalità della vita e del mondo che ci circonda;
in Natura tutto avviene in un modo molto più fluido, interdisciplinare, multidisciplinare e, quindi, più consono a quella che è l'attitudine antica dell'Uomo.

 

Dopo una prima parte più tecnica relativa alla storia che sottende diciamo il libro e quali sono i formatori pensatori a cui si ispira l'autore si passa a una parte più più semplice in cui si cerca di far comprendere come sia prezioso fare delle esperienze - come quella che ho fatto io attraverso l'h3 educamp nel 2019 - per scoprire una propria attitudine per stare in natura rimettendosi in sintonia con il ritmi naturali con i ritmi stagionali e che spesso sono dimenticati perché la cultura e la società odierna ci portano a una deriva, in un qualche modo, e a uno scollamento tra il corpo, le emozioni e l'intelletto, che invece hanno pari dignità nell'individuo e che vanno sviluppandosi insieme armonicamente se, appunto, si frequenta di più la Natura e ci si riconnette con i suoi ritmi.

 



L'importanza del gioco. 

Intanto, si può iniziare a incuriosirsi su come il gioco possa essere uno strumento molto prezioso per imparare anche a stare al mondo, per imparare a tollerare e frustrazioni, a svolgere o risolvere dei problemi, a stare in relazione con altre persone o lavorare in gruppo: quindi imparare la collaborazione e le dinamiche di gruppo.

 

Giocare e apprendere sono una sorta di "binomio fantastico" per poter svilupparsi al meglio, certo, se alle persone in formazione (e non solo a loro), viene fornito il giusto contesto e il giusto quadro in cui inserire il gioco e l'apprendimento.



Riflessioni finali

Rileggendo questo libro dopo alcuni anni - e dopo avere frequentato il primo livello del Corso H3educamp nel 2019 e aver fatto aver partecipato in seguito come "custode" a un Educamp intensivo (ne ho parlato qui) - ho osservato che il mio corpo tende ora a "comportarsi "secondo i ritmi naturali" descritti da Christian Mancini nel suo libro, in una delle parti per me più interessanti e intriganti (in cui tratta dei cicli stagionali). Negli ultimi anni In autunno raccolgo tesori per fare - come le chiamo io - scorte di bellezza per l'inverno un po' come il topo Federico Di Leo Lionni - mente in inverno mi sento come in un bozzolo e la riflessione ha la prevalenza su tutto, come anche la lentezza e il raccoglimento; mi sento quasi in una sorta di pausa, finché non ricomincia qualcosa dentro di me e nasce un intuizione, che porta a qualcosa di creativo (quando, guarda caso, si sta andando verso la primavera).

 

Cosa dire se non invitarvi a scoprire il libro, da dove vi "intriga" maggiormente e poi, provare un'esperienza in natura con Christian (qui) e Raffaella ... (Nature Rock qui e qui)

 

mercoledì 8 gennaio 2025

Come me, come te, di Carolina Zanier, Camelozampa

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Proseguono, per fortuna, le pubblicazioni di libri fotografici per bambini (e curiosi), non solo di grandi maestri del passato (penso a Tana Hoban la fotografa americana o di autori italiani come Munari o altri molto apprezzati (il rimando è alla coppia affermata Tappari/Carminati). 

Non sorprende che, a proporre una novità inedita sia una casa editrice molto coraggiosa come Camelozampa, che ospita nel suo catalogo questa opera di Carolina Zanier.

Si tratta di "come me, come te" (qui), che si presenta con una doppia pagina in cui c'è un collegamento tra un elemento naturale e uno umano, non solo scelti per attinenza, similitudine, analogia, ma anche secondo quello che - nella parte finale dell'opera - viene chiamato un diario sentimentale. La scelta delle fotografie non è, quindi, solo finalizzata a un percorso, ma invita a trovarne uno più intimo e singolare, di cui viene fornito una sorta di prototipo. O almeno - da amante delle foto, dei bambini, della natura e dei luoghi - lo interpreto così.

Come sappiamo un libro una volta edito non è solo quello che intende l'autore ma diventa un oggetto con una vita propria e, se originale e aperto, invita a scoprire quello che ognuno ci cerca dentro.

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A parte la copertina (in cui il sasso nella prima di copertina fa da rimando all'indice in quarta), il libro inizia con una doppia in cui i dentoni da latte di Camilla, che sporgono fuori da una bocca fresca e armoniosa (invitante, come quella dei bambini ancora piccoli sa essere), fanno da specchio alla bignonia catturata in una "posa" in cui mostra una parte interna che sembra proprio richiamare una bocca.

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Tra le pagine, alcune analogie sono molto chiare e dirette: penso agli anelli di un tronco che sono unici di un esemplare di qualsiasi specie vegetale - per come si formano - come le impronte digitali di un essere umano; altre sono invece più evocative, come il soffione (ovvero il frutto del tarassaco) che viene associato a un occhio.

Si alternano dunque pagine in cui a due immagini molto immediate seguono altre che richiedono di soffermarsi non solo per comprendere quanto è scritto ma anche per cogliere la propria sfumatura.

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A seconda dell'età del lettore, alcune "doppiette" funzionano meglio di altre; per esempio questa in alto richiede di sostare più a lungo e quindi richiede un occhio e una mente allenati - a mio modesto avviso ancor più se lette insieme al testo. Infatti nel caso di questa doppia  i frutti di un'ombrellifera si stagliano in cielo e sembrano brillare come le scintille delle candeline che sparano le luci. Qui l'occhio è invitato a indugiare sui dettagli e le parole a "entrare dentro e farsi chiare": un desiderio che si esaudisce è molto limpido quando si spengono le candeline, mentre il progetto di vita dei semi contenuti nei frutti è qualcosa di molto più oscuro per dei bambini molto piccoli.

Ma l'autrice osa in alto, e forse questo è il bello e la potenzialità, perché il senso del libro è quello di invogliare a scoprire e ad accoppiare a seconda del proprio gusto individuale, delle proprie emozioni, che saranno diverse a seconda delle esperienze, del contesto non solo geografico ma anche storico (per esempio, l'autrice propone tra le foto il primo battito cardiaco della figlia - quando sono nati i miei figli per esempio io non li ho potuti vedere perché non era così usuale - , creando una sorta di sinestesia in cui l'immagine rimanda anche a un suono... e anche su questo si potrebbero aprire molte riflessioni interessanti, sia su come si possono visualizzare i suoni, sia sulla loro forma e a cosa rimanda, sia su come si possono raccogliere o rappresentare).

Tra l'altro lavorando con i bambini e le bambine spesso capita che facciano accostamenti per noi azzardati o inaspettati. Quindi, se un libro è "aperto" accoglie tante domande e tante possibilità.

Le pagine in cui i bambini e le bambine sono più evidenti (in toto o con alcune parti del corpo) invitano anche a fare domande e ad ascoltare racconti e particolari esperienze. Infatti, se pensiamo alla pagina del ginocchio sbucciato, si può aprire un mondo (non a caso, ultimamente sono nati proprio libri che ne parlano, uno edito proprio da Camelozampa).

Il libro invita dunque sia a una lettura del testo associato alle immagini (a volte "forzando" alcune scelte a mio avviso, ma ci sta) sia a una lettura più libera che potrebbe partire da una singola immagine per andare oltre dove i nostri interlocutori ci vogliono portare, sia per curiosità sia per un ricordo che sovviene.

Si tratta anche di un libro che può servire ad aprire alcuni discorsi sulla natura al di là di quello che richiama il testo (es. suolo secco e arido). 

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Uno spunto che io trovo molto interessante non solo per chi lavora con i bambini e le bambine, ma anche con gli adulti, è quello dato dalla parte finale in cui l'autrice ci mostra l'origine delle foto scattate e le pubblica in un diario fotografico sentimentale. Ci invita, dunque, a crearne uno noi stessi, o con un apparecchio analogico come ha fatto lei (che ha il pregio di creare foto immediatamente, come avviene con le polaroid) o con altri strumenti che potrebbero essere anche disegni, mucchi di fotografie scattate appositamente o trovate nei giornali.

E ora, non vedo l'ora di poterlo sperimentare con un gruppo di persone! Grata per questa ulteriore possibilità.

PS il libro è finalista al Premio Nati per Leggere – sezione Crescere con i libri

Passeggiata in una giornata uggiosa

 

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Dopo tanto tempo oggi siamo qui di nuovo al Forlanini. Nel laghetto qualche anatide, il "solito" 'Airone cenerino e un non bene identificato cormorano (?) volato via troppo presto.
 

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Passegin passeggiando, siamo andati a salutare gli alberi, a volte solitari, a volte inseriti in questi piccoli boschi urbani: quello dei bagolari, sarà perché lo sento a me affine, sembra raccogliere un'energia misteriosa. Quando ci entro mi sento circondata da giganti spogli, con il tronco bruno e verde per il muschio che ci vive sopra.

 

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E andando osservo gli sghembi ma possenti e monumentali pioppi neri (quelli ormai rimasti) lungo canaloni che sono privati dell'acqua

 

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e ancora il Boschetto dei Faggi che sono defogliati solo apicalmente e rimangono in tutto il loro colore acceso autunnale, spiccando in mezzo alle cortecce e ai tronchi spogli. Uno spazio per meditare e pensare ai caduti. Un luogo con una spiritualità che si sente nell'aria...

 

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... e ancora spostarsi là dove giace in tutto il suo splendore il grande e maestoso Tiglio, cresciuto con delle branche basse che sembrano voler abbracciare chi ci passa vicino.

 


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Avviarsi intorno a quella casa abbandonata misteriosa con gli alberi ormai caduti intorno... una cascina che riserva chissà quale misteri per i curiosi, con le sue finestre con le sbarre e i mattoni rosso vivo e avviluppata e ammantata dalla vegetazione di edera.

 

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Qui e altrove, un'infinità dei funghi del legno da scoprire e osservare.

Proseguiamo avendo come compagni le cornacchie grigie e, in altri punti, le cinciallegre o gli storni che emettono quei loro versi striduli.

 


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Osserviamo le nuove piante messe a dimora, un po' più grandi dei piccoli astoni senza vita osservati più lontano un anno fa e speriamo di ritrovarle ancora per lungo tempo.


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Ormai non c'è traccia di acqua nel canale, ma restano solo le conchiglie vuote dei bivalvi a raccontarne la storia. Ed eccoci arrivati a una specie di piccola brughiera con cortecce abbandonate e tanti cespugli. È una specie di fortezza di rovi intricati, dove gli animali passano sotto in un corridoio a noi impedito. Di una bellezza struggente tra la vegetazione color ruggine e quei piccoli fiorellini bianchi mai ancora identificati.

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E qui, su un cuore di muschio, decido di provare la mia mano ferita con il dito indice gonfio 

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Mi avvicino e ritorno al tappeto di aghi rossi e ai giovani ontani con gli amenti penduli pronti ad allungarsi e con le pignette dell'anno passato.

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Oggi abbiamo compiuto un giro tra cortecce scoprendo gemme di forsizia che sta per esplodere (a meno che non ci siano sbalzi termici) e forse un luì che si lascia intravvedere tra un cespuglio con il suo corpo gonfio di piume che lo rendono tondeggiante e meraviglioso. Tempo di provare a osservarlo eccolo che fugge.



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Ma vuoi mettere la gioia di questa escursione, nonostante un tempo uggioso, che valorizza il muschio verde brillante e bagnato, lo stupore di far esplorare per la prima volta la mia mano goffa e gonfia su una parete  distesa di muschio morbida e fresca?


Eccomi carica per una giornata ancora ricca di altre emozioni.

Spero che anche la vostra lo sia, se volete raccontatemela nei commenti