Foto di Antonella Angrisano |
Monica Guerra, professoressa ordinaria di Pedagogia Generale, Università Bicocca di Milano foto di Giorgia Lo Giudice |
Avere cura delle parole è uno dei modi che abbiamo a disposizione per costruire il mondo che desideriamo. Le parole da sole non bastano, ma possono orientare le azioni e a volte danno proprio forma alle cose e anche alle persone. Penso, ad esempio, a quando usiamo degli appellativi per qualificare i bambini e le bambine (principessa, streghetta, campione, monello…) o quando usiamo aggettivi che dovrebbero al massimo definire dei comportamenti mentre finiscono per connotare le persone (uno su tutti aggressivo, ma vale anche per altri apparentemente più neutri, come vivace). Ecco, le parole vanno utilizzate con cura innanzitutto per questo: perché contribuiscono a definire le identità, in un gioco di rispecchiamenti di cui gli adulti devono avere consapevolezza, perché anche questo è un potenziale esercizio di potere.
E poi, sì, le parole pongono le direzioni per possibili altri modi e mondi: “accanto” è stata scelta per questo, perché stare accanto a bambine e bambini che crescono è la dichiarazione di un’educazione che non vuole anticipare e forzare, ma che vuole rispettare e offrire possibilità. Io e Elena Luciano, con cui ho curato questo ultimo libro, la abbiamo scelta perché racconta di una posizione a cui ambiamo anche nel nostro lavoro di ricercatrici accanto a educatrici, educatori, insegnanti…
Sei stata per molti anni la presidentessa dell’associazione Bambini e Natura (qui), che hai fondato in un momento in cui nessuno dava credito alla necessità di stare fuori. Vuoi raccontarci qualcosa per chi non la conosce ancora?
Bambini e Natura è nata oltre 10 anni fa dal bisogno di condividere con quante più persone possibili quello che emergeva dalla ricerca, ma anche da alcune esperienze che si stavano sperimentando in quel momento. Il tema ambientale non era certo nuovo, ma stava tornando prepotentemente alla ribalta anche in educazione, sebbene nel nostro Paese se ne parlasse meno che altrove. L’associazione, non solo con il suo sito (qui) e con le sue pagine social (facebook qui e istagram qui), ma anche con le occasioni formative per associate e associati, voleva e vuole essere un megafono per raccontare il valore delle esperienze all’aperto, di un’educazione aperta e connotata ecologicamente, nel senso di attenta alla nostra relazione con il mondo e tutte le forme di vita che lo abitano. Lo fa attraverso articoli e materiali, cercando di mettere a disposizione buone ragioni per sostenere le connessioni tra noi e l’ambiente, ma anche strumenti per favorire queste connessioni nei contesti educativi e nelle scuole. E poi attraverso le “scuole”, momenti formativi in cui ci si ritrova e si approfondiscono teorie e metodologie, sempre in dialogo tra ricerca e pratica. (Qui il link agli appuntamenti formativi, compreso il prossimo, tutto esaurito da tempo, dedicato alla metodologia photovoice).
Immagine tratta dalla pagina Facebook del Master Educazione e Natura
Questa esperienza, come dici, è andata di pari passo col tuo lavoro di ricerca, che ha portato anche a creare, insieme ad altre persone “visionarie” come te, un corso e poi un master dedicato a “Educazione e Natura” (pagina fb qui e qui).
Nel mio lavoro di ricerca è stato fondamentale l’incontro con tre colleghi – Fabrizio Bertolino dell’Università della Valle d’Aosta (qui), Maja Antonietti dell’Università di Parma (qui) e Michela Schenetti dell’Università di Bologna (qui) – con cui ho avuto e ho la fortuna di scambiare sguardi ed esperienze. Da questo incontro – oltre alla collana “Educazione e Natura” per le edizioni junior e a diverse pubblicazioni, tra cui il volume omonimo per FrancoAngeli (liberamente scaricabile a questo link qui ) – è nata una opportunità formativa interuniversitaria che oggi è un Master (qui) a cui contribuiscono moltissime colleghe e moltissimi colleghi che si occupano di temi connessi all’educazione ecologica, all’educazione per l'ambiente e la sostenibilità, all’educazione all'aperto. Si tratta di un’esperienza per me straordinaria per la molteplicità e la vivacità di competenze, da cui ogni anno io imparo molto e a cui in questi anni hanno partecipato oltre 300 iscritti, segno di una crescente sensibilità verso questioni ormai vitali, non solo in educazione, ma a cui l’educazione può contribuire molto.
Insieme a Francesca Antonacci hai creato inizialmente un manifesto sulla scuola e un blog (qui), che poi si è tradotto anche in un primo libro (qui) e in un accompagnamento per docenti interessati a portare pratiche innovative nei contesti educativi e scolastici.
L’incontro con Francesca Antonacci è uno di quelli che io definirei trasformativi: quando, nel 2014, abbiamo pubblicato la prima versione del Manifesto “Una scuola”, erano mesi che discutevamo insieme ogni singola parola, confrontando visioni e costruendone insieme di nuove per noi. Quel Manifesto non era e non è un modello, ma una sollecitazione, innanzitutto a noi stesse, a ripesare continuamente la scuola, facendoci sostenere dai Maestri da cui abbiamo imparato e contemporaneamente cercando di rispondere alle domande del presente, a cui la scuola non può sottrarsi se vuole tenere fede al suo mandato formativo.
A partire da lì, molte e molti insegnanti ci hanno cercate per sperimentare insieme altri modi possibili e così è nato anche il corso di alta formazione “Innovare la scuola” e un gruppo permanente di lavoro che si incontra quasi ogni mese e condivide esperienze e pratiche. Nella scuola c’è fermento, desiderio di comprendere bambine e bambini, ragazze e ragazzi, rispondendo con qualità e rispetto ai loro diversi bisogni formativi. “Una scuola”, in questo senso, è un invito a tenere alta l’attenzione su ciò che offriamo loro, ma anche sulla complessità del lavoro di chi la scuola la fa, ogni giorno. (Questo il link alla pagina Facebook: qui, dove si trovano aggiornamenti a iniziative e eventi online).
Da alcuni anni sei anche direttrice scientifica della rivista BaMbini, fondata da Loris Malaguzzi. Quali sono le tue priorità affinché chi sta accanto ai bambini e le bambine possa avere consigli e spunti esperienziali?
Essere la direttrice scientifica di una rivista su cui mi sono formata per conoscere meglio il mondo dell’educazione rivolta a bambine e bambini da 0 a 6 anni è un privilegio enorme, a cui mi dedico con passione. La rivista raccoglie ogni mese contributi che vengono dal mondo della ricerca, che raccontano le esperienze dei servizi educativi dell’infanzia, che traducono in suggestioni e strumenti pratiche sperimentali, con l’aggiunta di un approfondimento centrale sempre diverso dedicato a temi di rilievo. Ciascun numero è un contenitore ricchissimo che ha come obiettivo quello di stare accanto a chi educa perché possa con sempre più competenza stare accanto ai bambini, alle bambine e alle loro famiglie.
Per questo, negli anni, abbiamo scelto di privilegiare la complessità delle proposte, perché il lavoro educativo è un lavoro complesso che non può essere ridotto a schede o ricette, e contemporaneamente abbiamo accostato e alternato rubriche (qui se ne trovano diverse liberamente scaricabili, tra cui le Parole dell’educazione, (https://bambini.spaggiari.eu/), in cui ogni mese un esperto prova a sintetizzare una parola chiave per chi fa questo mestiere) agili da utilizzare a supporto del lavoro dei gruppi educativi e con le famiglie.
Sei un’esploratrice appassionata e hai un rapporto speciale con l’artista Keri Smith, tanto che hai tradotto per Corraini edizioni “Distruggi questo libro illustrato” (qui) Hai voglia di raccontare come sei cambiata da quando l’hai scoperta fino a creare “esplorate” e dirci di cosa si tratta?
L’incontro con il lavoro di Keri Smith – e poi la fortuna di una relazione anche amicale con lei – ha contribuito a dare forma all’approccio educativo che io andavo sperimentando. Come l’arte e gli artisti sanno fare spesso, le sue esplorazioni davano forma, una forma bellissima e sensibile, a delle idee pedagogiche, permettendomi di comprendere meglio che tipo di educazione volevo contribuire a realizzare. Keri Smith, in questo senso, per me è una Maestra, a cui sono continuamente grata, perché nell’incontro col suo lavoro il mio ha potuto crescere e perché sono cresciuta io, come persona prima ancora che come professionista.
La pagina social “esplorate” (facebook qui + Instagram qui) nasce per condividere alcune esperienze esplorative declinate in chiave educativa (aspetti approfonditi in particolare nel libro “Le più piccole cose” (qui), che nel 2020 ha vinto il prestigioso Premio Italiano di Pedagogia, SIPED, e poi declinati in un’educazione aperta nel libro “Nel mondo” (qui, entrambi editi da FrancoAngeli): si tratta di esercizi per coltivare uno sguardo sensibile verso le persone, le cose, il mondo. Piccoli esercizi che, nel procedere del tempo, possono contribuire a cambiare la nostra postura verso la vita e gli altri.
Ecco, in un approccio esplorativo io riconosco l’essenza dell’educazione e forse anche della vita: una ricerca continua e condivisa, attenta, curiosa e rispettosa, per rimanere in ascolto di ciò che quel che ci circonda ha da dirci.
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