Attesa di poter camminare, spostarsi, respirare in un bosco, tornare a godere dei colori delle ultime foglie, dei profumi delle piante che fioriscono in inverno, del muschio umido dopo la pioggia, della brina e della rugiada, dell'alito che si fa nuvola. Dei sorrisi bambini, delle corse sfrenate, delle guance che sentono il freddo sulle gote nude, del vento gelato che arrossa il naso.
Ora tutte queste piccole cose sono possibili solo in posti solitari o nascosti. Sono piccole gioie proibite per il bene comune. Eppure, quanto godimento ci perdiamo.
Riflessione su ciò che siamo ora e ciò che siamo stati.
Come ho appena letto, siamo come un tronco d'albero con tanti strati sovrapposti, nascondiamo le nostre ferite, che riaffiorano di tanto in tanto quando la corteccia si frantuma. Intanto la vita fluisce, si continua a cambiare e rimanere se stessi, come un fiume che scorre, uguali e diversi al tempo stessi, fragili e forti a seconda dei momenti.
Approfittiamo delle bellezze improvvise, non scontate. Gioiamo per ogni piccola conquista, di qualsiasi tipo sia. Accumuliamo piccoli tesori e scorte di meraviglia. Potranno servirci nei momenti più bui.
Cerchiamo di essere grati di quello che accade.
Non diamo per scontato nulla, perché nulla è scontato.
Forse cambia solo il nostro sguardo, il nostro punto di vista.
Assaporiamo le parole che ci vengono donate.
Ringraziamo quando possibile. Anche questo non è mai superfluo. Almeno per me.
Aspettiamo il canto di un pettirosso. Prima o poi arriverà.
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