giovedì 25 febbraio 2016

In mostra a Palazzo Reale di Milano “L’arte del bijou italiano”

Ornella Bijoux, Collier cristalli di vetro imitazione smeraldo, strass, metallo bianco. Anni '60-'70.

Resterà aperta fino al 2 marzo 2016 - in occasione della Settimana della Moda donna milanese - la mostra a Palazzo Reale L'arte del bijou italiano, allestita nelle splendide sale degli Arazzi, promossa dal Comune, Fiera Milano e Homi.

Un'esposizione che illustra e valorizza il talento e la passione italiani, con una particolare attenzione alla varietà tipica del nostro Paese, in accordo con la tradizione. 

La mostra che ripercorre, nella prima sala, la storia degli accessori più glamour dagli anni Cinquanta al Duemila, racconta il nostro Paese e l'evoluzione del gusto e della moda attraverso 300 pezzi unici firmati da stilisti e designer di fama internazionale. Un viaggio nel tempo che porta i visitatori alla scoperta delle creazioni realizzate per grandi stilisti come Walter Albini, Giorgio Armani, Renato Balestra, Biki, Ugo Correani, Enrico Coveri, Gildo Cristian, Dolce & Gabbana, Gianfranco Ferrè, Emy Forte, Krizia, Lancetti, Missoni, Moschino, Tina Rossi, Luciano Soprani, Valentino, Gianni Versace. Ci sono tutti, in un grande connubio con i grandi biogiottieri.

Un racconto che si snoda anche attraverso una seconda sala dedicata ai cinque bigiottieri milanesi più famosi: Bozart, Ornella Bijoux, Sharra Pagano, Ottavio Re e Unger. Una storia d'amore, una storia di cinque vite spese con passione e dedizione all'arte del bijou.


La Settimana della Moda femminile entra a Palazzo Reale con un vero e proprio ‘gioiello’ di mostra che accompagna il fermento della città, incarnando l’essenza propria dello spirito milanese: quello di saper dare forma alla bellezza grazie alla sapienza dell’artigianato unita al talento creativo, capacità che qui a Milano ha sempre trovato il terreno più fertile per germogliare – ha dichiarato l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno durante la conferenza stampa lo scorso 18 febbraio - Arte da indossare, creatività prêt-à-porter: con linguaggi diversi da quelli che solitamente lo abitano, Palazzo Reale racconta al pubblico l’evoluzione del gusto della società italiana attraverso l’interpretazione dei suoi più grandi stilisti”.


Alba Cappellieri, professoressa di design al Politecnico di Milano e curatrice della mostra insieme a Lino Raggio, ha raccontato che "Ogni oggetto deve rappresentare il proprio tempo. In questo sta il suo valore e il suo significato. Il bijou è sempre stato considerato il figlio minore del gioiello prezioso, ma del gioiello prezioso non condivide né i tempi, né tantomeno i significati: perché se il prezioso tende all'eternità, il bijou rappresenta l'immanenza del presente. Ed è per questo, in una sorta di omaggio alla cultura materiale e alla bellezza, che abbiamo deciso di dedicare questa bellissima mostra all'arte del bijou italiano, in quanto il bijou può essere considerato come una delle massime espressioni della manifattura, dell'arte, della moda, della cultura italiana."

Qui, per chi non volesse leggere la presentazione, un video di Maria Elena Capelli.



La prima sala: dalla Dolce vita al Prêt à porter
"Ecco allora che la mostra è divisa in due momenti, prosegue la Cappellieri, la prima dedicata alla "Dolce Vita" e al "Prêt à porter"-  che sono probabilmente le stagioni più felici non soltanto per il bijou ma anche per la società italiana; la prima che parte, con la ricostruzione e il Boom economico del Dopoguerra, negli anni Cinquanta che arriva fino al Sessantotto, e la seconda, che arriva con la nascita dell'identità della Moda italiana che si attesta in ambito internazionale. 

Ci sono due momenti che possiamo considerare come i "termini" di questa narrazione: il primo è il 1951, perché è in questo momento che il bijou diventa un sistema autonomo-integrato.

Solitamente il bijou è raccontato in termini diacronici, attraverso lo scorrere del tempo. Non è questo. Il bijou non è quello delle zie in naftalina, ma del presente, della moda, che racconta la bellezza del quotidiano, segue l'effimero presente della moda laddove il prezioso non può farlo perché deve seguire un passato e un futuro, un senso di eternità che il bijou non ha. Ecco allora che queste due stagioni non sono state analizzate secondo né un percorso stilistico né un percorso storico, ma secondo una lettura molto più contestuale che è quella contemporanea, vale a dire in relazione al contesto economico, finanziario, politico, sociale in quegli anni

I principali bigiottieri italiani dell’epoca quali Luciana Aloisi di Reutern, Giuliano Fratti, Canesi, Unger, Maria Vittoria Albani per Ornella Bijoux, Ferenaz, Ottavio Re, Bijoux Cascio, Ercole Moretti, Coppola e Toppo, Bozart, riuscirono a evolvere e a contaminare il modello produttivo dall’alto artigianato alla piccola serie, dall’atelier alla confezione, pur conservando un modello di imprenditoria familiare che, comparato alle grandi aziende americane, è risultato essere nel tempo di gran lunga più agile e più flessibile, sebbene più rischioso. 


Visitando la mostra, la mia anima naturalistica, ha apprezzato molto i bijou di Giorgio Armani...


ma per gli appassionati di altri stili ecco bijou completamente diversi...

Gianni Versace, anni Ottanta, Versace, collana Conchiglie e stelle marine metallo dorato, strass.
Da sinistra, bracciale gettoni di Sharra Pagano (anni Settanta)
e Mochino, realizzazione a opera di Sharra Pagano, spilla cucchiaino (anni Settanta). 


Moschino, realizzazione di Sharra Pagano, anni Ottanta. Collana pasticcini.
Karl Lagerfeld, realizzazione Ugo Correani, spille 1983.
Ornella Bijoux. Spilla animalier in ottone dorato, perle di pasta di vetro e strass Swarowski.
Fendi, anni Ottanta, bracciali in resina.
Stefano Piaggi | Anna Piaggi Ugo Correani per Versace collana 80 metallo dorato, plastica.
Moschino, realizzazione a cura di Sharra Pagano, anni Ottanta, collana punto interrogativo.
Riprendendo le parole di Alba Cappellieri in conferenza stampa che ci accompagnano nel racconto della mostra "... è per questo che la mostra in Triennale del 1951 (la IX triennale dedicata all’Esposizione Internazionale delle Arti Decorative e Industriali Moderne. Per la prima volta il bijou entrava in Triennale al fianco dei maestri del progetto italiano ed era trattato alla pari del gioiello prezioso )

e soprattutto la sfilata di Alta Moda che Giorgini dedica per la prima volta all'arte italiana  (Giovan Battista Giorgini organizzò nella sua Villa Torreggiani a Firenze la prima sfilata di Alta Moda Italiana che includeva i Bijoux e gli accessori)

diventano i termini prioritari anche per il bijou italiano, perché è in questo momento che il bijou incontra il mercato internazionale e, in particolar modo, il mercato americano. Il mercato americano significa: consumatori. Il Made in Italy, non dimentichiamolo, non è dedicato al mercato locale, ma ai mercati internazionali. Anche il bijou, a partire dal 1951, entra in un sistema internazionale. 

Certamente i bijou sono sempre esistiti (preziosi o meno; sulla definizione di prezioso è una storia lunga...), ma è a partire dal 1951 che si pone per la prima volta come un sistema. Ed è esattamente quello che succede, a Milano nella moda e nel design; Milano è la capitale della Moda e del Design perché ha saputo costituirsi come un sistema. Vale a dire la compresenza di: progetto, produzione, comunicazione, distribuzioneed è per questo che Milano è diventata uno dei grandi baricentri.

Gli anni Ottanta sono gli anni dell’"edonismo e dell’opulenza", quelli in cui i bijoux testimoniano il connubio tra gli accessori e la moda in uno scambio intenso di esperienze e di contaminazioni. L’interesse sistematico degli stilisti per i bijoux determinò un’intensa collaborazione con i bigiottieri e la possibilità di innovare tanto l’ambito creativo quanto quello produttivo con risultati straordinari. Tutti i principali stilisti italiani firmarono una linea di bijoux, non soltanto i pezzi unici per la sfilata ma soprattutto collezioni di accessori accessibili e democratici pensati in relazione all’abito



La seconda sala: omaggio ai cinque principali bigiottieri milanesi
"Ecco allora che la seconda parte della mostra rende omaggio a questa straordinaria capacità milanese, mettendo in esposizione i lavori dei cinque principali bigiottieri milanesi che hanno scritto la storia del Bijou italiano, che sono: Bozart, Ornella Bijou, Scharra Pagano, Ottavio Re e Unger

Nella seconda sala emergono cinque storie completamente diverse, cinque linguaggi completamente diversi. A conferma e a testimonianza che la principale virtù italiana è la varietà

Quella varietas di cui parlava Leon Battista Alberti (1404-1472) già nel Rinascimento, e che è una delle principali capacità di produrre bellezza. La prima differenza tra il bijou italiano e quello francese è proprio questa.  In questa varietà nel giocare su scale diverse: i bigiottieri italiani hanno questa capacità rapsodica di passare dal pezzo unico di alta moda a una produzione seriale. Che comporta uno scarto di pensiero e di processo radicale, che soltanto la flessibilità delle imprese familiari italiane è in grado di fare. Passare dalla microscala del pezzo unico alla macroscala delle collezioni della moda pronta. Ed ecco allora che le storie che vedrete in mostra sono non solo storie di materiali innovativi ma anche di tradizione e tecniche tradizionali, sono delle storie di innovazione, di sperimentazione, e al tempo stesso di esaltazione del nostro passato. Sono anche storie di persone, di uomini e donne che hanno dedicato a questo oggetto straordinario molto di più della loro abilità o tecnica, hanno dedicato la storia delle loro famiglie, hanno dedicato la storia delle loro vite. Ed ecco allora che possiamo pensare alle storie del bijou come a storie d'amore."

La mostra è dedicata alla memoria di Gianfranco Signori, fondatore di Scharra Pagano, che ci ha lasciato qualche giorno prima dell'inaugurazione.

Bozart
Fondata nel 1956 da Emy Forte e Lucio Manca, Bozart inizia la produzione milanese lo stesso anno. La capacità di operare attraverso più tecnologie consente all'azienda di collaborare con le case di Moda romana e le redazioni giornalistiche.


Ornella Bijou


L'Atelier Ornella Bijoux apre a Milano nel 1944, grazie alla passione di una giovanissima Maria Vittoria Albani (14 anni!), eclettica designer "baciata" da un talento unico nell'intrecciare arte e moda e nel plasmare gioielli di costume.
Perle lucenti, metalli smaltati, conchiglie levigate, legni dipinti, vetri di Murano, ceramiche retrò, cristalli Swarovski alzano nel tempo un sipario affascinante che apre a un palcoscenico incantato di spille, anelli, parure, diademi, in una mostra d'autore senza fine di emozioni e impressioni.
Per decenni il tocco di classe di Maria Vittoria Albani forgia straordinari preziosi "limited edition", illuminando il fascino di dive e regine, tra galá esclusivi e passerelle internazionali.
Fino a ricevere, da "guest star", svariati oscar alla carriera: dalla mostra itinerante del Teatro alla Scala curata da Swarovski, alla vetrina dorata del Victoria Museum di Londra, agli inviti ufficiali ad eventi artistici da New York a Tokio, passando per tutte le capitali delle tendenze più chic.
Dal classico al contemporaneo, dalla tradizione all'innovazione. 
L'azienda familiare oggi è seguita anche dalla figlia Simona Scala.


Qui il sito internet, qui la pagina facebook.

Scharra Pagano

Qui il sito internet.

Ottavio Re
Azienda storica, operante sin dal 1934, ha oggi un piccolo showroom in via Bagutta, nel quadrilatero della moda.

Qui il sito internet.

Unger
Interessante la storia di questa azienda nata per il commercio del ricamo nel 1875 da due fratelli viennesi acquistata nel 1900 da due italiani, Benigno Rossi e Clotilde Silva (sotto la sua direzione viene aggiunto l'accessorio moda, gli ornamenti per corpetti e bijoux). Per i bijoux l'azienda si procura pezzi rari provenienti dalla Boemia e da Venezia (ancor oggi il maggior vanto della ditta).
 
Qui il sito internet.

Se volete approfondire ulteriormente, potrete vedere anche questi video qui su Televisionet, qui su Fashion Channel Milano. E se non siete stufi di immagini, ecco una bella carrellata su Homi qui (in una ho visto che tra la folla ci sono anch''io... immaginate cosa sto facendo?), un bel pezzo su Signorina Bloggy (qui) e Sul principe azzurro esiste (qui).
Ex post alla mostra, oggi ho ricevuto un bel video su un'intervista rilasciata alla curatrice della mostra e non solo, opera della giornalista Cristina Provenzano, (puntata del 6/3 dal minuto 19.00simo) che trovate qui.

Informazioni pratiche sulla Mostra
Quando: fino al 2 marzo 2016
Dove: a Palazzo Reale (Milano) - Sala Arazzi (piano nobile)
Orari: lunedì 14,30 - 19,30/ martedì - mercoledì - venerdì - domenica 9,30 - 19,30/ giovedì - sabato 9,30 - 22,30.
Prezzo: ingresso gratuito.
Informazioni: www.palazzorealemilano.it
 

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