Nel corso della conversazione sulla poetessa Emily Dickinson, l'autrice ha presentato il libro “La cena del cuore”, illustrato da Pia Valentinis ed edito da rueBallu nella collana Jeunesse ottopiù (link qui).
La scrittrice ha esordito raccontando che “Emily è una vecchia amica” che l'ha accompagnata sin dalla sua adolescenza, incontrandola diverse volte non solo per la sua grande passione per la poesia ma anche guardando le antologie a lei dedicate. Insomma, ha letto “Quello che era necessario e sufficiente per entrare lentamente nel suo mondo... Crescendo mi sono interessata alla sua vita e alla sua esistenza”, nonostante sia restia spesso a incontrare autori che ama per non restare delusa. In questo caso, ha spiegato, “Credo che sia legittimo interogarsi sulle vite degli scrittori, quelle che sono passate, che si sono depositate, che sono lontane da noi e su cui tanti hanno scritto e lavorato anche per capire la cornice intorno alla quale sono nate alcune opere.”
Ha proseguito raccontando che legge anche molta saggistica “Ho infilato anche una bibliografia di studi sia italiani sia stranieri sulla poetessa. Poi mi sono resa conto di un'altra cosa, grazie anche al mio lavoro di editor, che ci sono romanzi che si imperniano su di lei, sulla sua vita e non vita, sulle persone che l'hanno circondata, in particolare nel mondo americano è diventata una sorta di leggenda e ci sono un sacco di romanzi, albi anche per bambini, storie per ragazzi e per adulti che attingono alla sua vita, quindi conoscere i fatti “asciutti” e la storia romanzata diventava un modo per incorniciare meglio lei come personaggio, come succede tante volte sia per questi suoi estremi della sua vita: per il fatto di essere così ombratile, preclusa, autoreclusa nella sua casa, i vestiti bianchi, la scoperta delle sue opere dopo la sua morte.”
“Quando amo molto un autore ho paura di incontrarlo e non ingaggiarmi nell'approfondimento del suo mondo perché mi trovo un po' a disagio, quasi a dissacrare un tempio in cui l'ho messo. Poi, mi è capitato anni fa con Virginia Woolf, non pensavo ormai di poter scrivere qualcosa su di lei, ma l'ho fatto e ne sono stata contenta, perché avevo sentito un tuffo molto intenso nel suo mondo, molto preciso.
In questo caso avevo forse accumulato di più sia in termini di letture sia di riflessioni e alla fine mi sono sentita pronta a farlo anche se ho dovuto ripassare la mia conoscenza dispersa e frammentata nel corso degli anni e mettermi a rileggere. Rileggendo mi sono resa conto che il problema – come sempre in questi casi - era trovare il bandolo, come si racconta la vita di uno scrittore? Dall'inizio alla fine? Certo, era la cosa più logica. Però era la meno logica pensando di scrivere un libro che è una sorta di introduzione al mondo di Emily e non ha nessuna pretesa di essere esaustivo, né di accademismo né di scientificità. Ho preso un sacco di appunti, li ho ridotti e concentrati e sono finiti quasi tutti dentro questo quaderno che ho portato con me.”
… e presenta alla platea un bel quaderno ricco di appunti e spiega che in un mondo fatto di computer “Ho ancora la mania di avere sempre con me quaderni belli, penne e inchiostro. Questo mi è stato regalato da un'amica e l'ho tenuto bianco finché non ho trovato qualcosa di interessante con cui riempirlo, che non è stata altro che una “distillazione” di quello che avevo raccolto nel tempo, le mie riflessioni, le parole chiave, le citazioni che mi veniva spontaneo riscrivere e depositare sulla carta perché sembravano per me più importanti di altre. Questo quaderno è diventato la guida sopra la quale ho costruito un progetto”.
“A furia di setacciare, a furia di leggere e rileggere, ho capito che scegliere le parole che per me affioravano più ricorrenti dentro l'opera di Emily potevano essere una buona chiave per posarle come una sorta di filo conduttore per raccontare la sua vita.”
Un racconto che viene completato da un bellissimo corredo iconografico di Pia Valentinis che – spiega Beatrice Masini - “ha fatto un lavoro egregio commentando attraverso le sue illustrazioni questo libro, e diventa anche la guida della conversazione proprio perché c'è una progressione, c'è una logica, che lega queste parole e le mette in sequenza”.
Emily: una vita breve ma intensa
Con una sintesi soppesata da parole pensate e ricche di dettagli, Beatrice Masini ha introdotto la vita della poetessa Emily Dickinson (link), nata nel 1830 ad Amherst, in Massachussets, una cittadina piuttosto importante della costa est degli Stati Uniti, dove sono arrivati i pellegrini protestanti.
“Emily nasce in una famiglia importante e agiata, il nonno è stato il fondatore di un'istituzione scolastica prestigiosa, il padre è il tesoriere della scuola e fa parte del senato degli Stati Uniti”.
Viene fuori il ritratto di una famiglia molto legata, con una madre molto sommessa, severa anche se molto affettuosa, e due fratelli Austin - Emily è la seconda - e Lavinia, soprannominata Vinnie.
“Emily studia, va a scuola e poi nel primo college femminile degli Stati Uniti. Lì ha già una particolare predilezione per la letteratura e per le scienze. Noi associamo la poesia al mondo dei sentimenti o della letteratura e invece lei ha studiato anche matematica, chimica, fisica, geologia”.
Nonostante passi poco tempo al College ha una vita sociale molto intensa, e fa amicizia con persone a cui resterà legata a lungo, grazie a una corrispondenza molto fitta che inizia durante gli anni della scuola e che “sarà una parte importante della sua vita”.
Purtroppo il suo stato di salute non le consente di rimanere a lungo e per una malattia non meglio chiarita starà sempre chiusa in casa. “Nel periodo del college e anche nel periodo precedente è una ragazza come tutte le altre, fa le corse in slitta: c'è il luccichio negli occhi, ci sono le gote che bruciano di freddo, ci sono i balli, gli scambi di valentine, il fervere di vita intensa che l'avvolge e la rende felice, anche se quando è lontana da casa scrive tante lettere ai suoi familiari manifestando la sua nostalgia per questo nucleo caldo importante che è la sua casa”.
Illustrazione di Pia Valentinis su "La casa". |
Una parte importante nella vita di Emily è la sua abitazione: “la grande casa dei Dickinson è la prima casa in mattoni della città, la più prominente della città; in questa casa passerà quasi tutta la sua vita. Nel frattempo il fratello si sposerà con Susan, una cara amica di Emily, e andranno a vivere in fondo alla nuova proprietà in una nuova casa poco distante, costruita appositamente, lì nasceranno i nipoti di Emily. Lei aveva un rapporto speciale con i bambini, sia con i figli di amici, sia con i nipoti, sia con i figli dei vicini o degli indiani o ancora dei domestici.”
Nonostante la schiera di domestici, la famiglia non ha una vita particolarmente lussuosa, e stando in casa Emily “lavora, spolvera traffica, pulisce, impasta il pane, pela le patate; esattamente la stessa cosa fanno sia sua sorella sia sua mamma; sono persone importanti che però lavorano, fianco a fianco con i domestici, sviluppando dei legami molto intensi con loro.
Emily vive in questa piccola cerchia di casa/giardino e altra casa in fondo alla casa, di parenti strettissimi per tutta la vita tranne qualche sporadica visita in altre città, come a Boston per il suo stato di salute (non ben diagnosticato). Sta in questa strettissima cerchia dove passa gli ultimi 15/20 anni della sua vita senza mai uscire, tranne una volta, quando uno dei suoi nipotini muore e attraversa il giardino e va a dare il suo ultimo saluto.”
Beatrice Masini prosegue nel racconto dicendo che Emily “Era una donna silenziosa, però con tante chiacchiere dentro alla testa, che ha voglia di conversare con il mondo perché scrive tantissime lettere alle sue amiche e la sua cerchia di corrispondenza è fatta anche da persone sconosciute o poco conosciute con cui lei prende contatto nel momento in cui inizia a scrivere poesie e ha bisogno che queste poesie siano riconosciute dal resto del mondo: per cui si mette in contatto con critici, scrittori, personaggi che oggi non ci dicono nulla salvo che lateralmente alla sua vita, mentre lei che era ignorata c'è ancora. E loro allora costituivano l'autorità, consentivano la pubblicazione di racconti o poesie sui giornali o sulle riviste che dirigevano o coordinavano. Lei inizia in maniera insistente e costante nel tempo a chiedere il loro parere, a raccontarsi, a raccontare la sua dimensione domestica; dice "io sono grande come il mio cane”, infatti era piuttosto minuta. Racconta cose della sua vita quotidiana, “quel suo apparente accontentarsi di poco” anche se nelle poesie mette invece la “vertiggine di orizzonti sconfinati”, parla di spiritualità, del cielo, dell'amore anche se qui non sappiamo tanto della sua vita sentimentale, sappiamo di possibili storie, di cui una con un signore che però era sposato, poi resta vedovo e muore due anni prima di lei e tutto finisce."
"Ci sono molte poesie dedicate all'amore come esperienza sconvolgente e sconquassante, che ti trasforma, ti rende un alto, uno strano rapporto con il “Padrone” ovvero il tuo cuore, quello che fa ti te quello che vuole, però nello stesso tu resti sempre padrona del tuo esprimersi nei suoi confronti."
È molto chiara e vivida nel saper raccontare se stessa anche in un'emozione così complicata che forse non è mai diventata concreta per quel sappiamo noi; se della prima parte della sua vita sappiamo abbastanza e non ci sono tracce di legami, il resto è stato tutto condotto per corrispondenza, per interposta carta. "
"Nel tempo scrive, pare scrivesse di notte e che dedicasse le ore notturne a se stessa e faceva tante cose in casa; aveva un piccolissimo scrittoio, minuscolo, e c'è questo senso del piccolo. Le grandi cose messe nel piccole; anche le sue poesie sono su bigliettini, pagine ristrette, rovesci di buste usate, liste della spesa, tutta la carta che trovava la riempiva di messaggi per se stessa e di appunti, poesie, anche brevi, fatte anche di due o tre versi, delle sorti di schegge o prendeva dei fogli li ripiegava su se stessi e li cuciva come fanno i bambini e ci sono queste minuscole paginine. Nessuno conosceva l'entità della sua produzione finché lei non è morta nel 1886 e solo allora la sorella Vinnie scopre uno scatolino di legno in cui ci sono circa 1800 componimenti. "
"Non che la gente non sapesse che Emily scrivesse, lei aveva anche inviato ai critici del materiale da leggere – in questa ricerca di approvazione – da cui si aspettava un riconoscimento. Perlopiù le risposte erano state piuttosto taglienti: poiché lei scrive in un modo piuttosto imprevedibile per l'epoca, senza usare un metro, senza stare in una struttura tradizionale; usa i trattini al posto del punto fermo, o del punto e virgola, la sua punteggiatura è molto spettinata per cui bisogna immaginarsele queste poesie che per certi versi sono ancora enigmatiche poste davanti a questi signori così seri e posati che si aspettavano dalla poesia qualcosa di molto serio e prevedibile e contenuto; chiaro che sussultassero; alcuni ci intravedevano qualcosa ma non erano neanche sicuri di questo qualcosa. Alcune delle sue poesie sono state pubblicate su qualche rivista ma chi le ha pubblicate è intervenuto pesantemente facendo quello che si definisce editing ovvero “correggendole, aggiustandole, pettinandole” e quando lei si è resa conto della violenza di questo editing ha deciso di non inviarle più a nessuno e la maggior parte è rimasta chiusa in questo cofanetto."
Alla sua morte "c'era l'esigenza da mettere in valore quello che era considerato un patrimonio, se non altro per la quantità, anche se poi non si capiva bene come definirle, come ricopiarle, come metterle insieme". Per diversi motivi complessi l'intera opera non viene completamente alla luce in toto se non negli anni Cinquanta, quando “inizieranno studi accademici sulla sua opera, che restituiranno la punteggiatura disordinata così come era e che si preoccuperanno di collocare le poesie nell'ordine giusto incorniciandole dal punto di vista cronologico giusto. A Amherst c'è la casa natale di Emily, la Dickinson-Austen sede di un museo dove viene esposta una copia dei suoi vestiti bianchi. Perché nell'ultima parte della sua vita vestiva solo di bianco, anche se era il contrario della logica perché una donna che passa tanto tempo della sua vita a cucinare, fare marmellate, vuol dire che è sempre sporca, è un dettaglio su cui riflettere.”
La Masini spiega che negli Stati Uniti la poetessa è ormai diventata oggetto di culto “ci sono citazioni dirette e indirette nei romanzi americani” e che “nel linguaggio colto statunitense è abbastanza un'abitudine pescare dai suoi pensieri come se niente fosse. Simon & Garfunkel le hanno dedicato una canzone "For Emily, whenever I may find her...", in Colpa delle stelle di John Green c'è citato un romanzo che non esiste “Imperial affliction” che è in realtà il verso di una sua poesia. Se volete fare un corso lampo “emiliesco” John Green e il fratello hanno fatto una serie di video che si chiamano crash corse, brevi corsi animati e ce ne è uno bello su Dickinson (link) per testimoniare la sua venerazione per questa signora.”
La cena del cuore
Ecco che Beatrice Masini racconta alcune parole del libro. Un libro a mio parere davvero poetico, dove la poesia di Emily Dickinson si disperde nelle parole poetiche di Beatrice Masini, il cui confine è davvero labile, tale è la delicatezza del racconto. Non poteva esserci persona migliore per descrivere in modo poetico una poetessa, il tutto accompagnato dalle delicate illustrazioni di Pia Valentinis, che ci fanno immaginare il suo mondo fatto di piccole cose, di briciole e scampoli di vita.
Casa. “La prima parola che ho scelto è Casa, ed è simboleggiata da questa illustrazione in cui c'è il nido e un piccolo ritratto della casa di Emily. Possiamo leggere le sue parole. Un testo fondamentale sono state le lettere al resto del mondo dove ho trovato molti suggerimenti per cercare di trovare il suo mondo.
“Dicono che casa è dov'è il cuore. Io penso che sia dov'è casa, e tutto attorno”. La cosa è una casa, non c'è molto altro da dire, soprattutto per una che si definisce una “regina della polvere dello sporco”.
Ritratto. Esistono due ritratti con i fratelli, un quadro di famiglia, lei ha i capelli rossi, una faccetta buffa con un libro aperto e una rosa aperta tra le pagine, e una fotografia, l'unica, scattata quando aveva 17 anni. Proprio perché era l'unico ritratto, c'era bisogno di lanciare un personaggio, quella immagine era distante dalla maturità di Emily e scanzonata e le hanno aggiunto sia bande di capelli mossi e ondulati, sia un colletto di pizzo severo, da signora. Lei non era così.
Pietre. Allude alla sua inclinazione per il mondo della scienza, che ha lasciato indietro, la vita la definisce un “silenzioso vulcano”, lei spesso cita i vulcani: etna e vesuvio, pensate cosa dovevano essere per una persona nata negli Stati Uniti, erano solo parole lette nei libri, nei classici; e invece usa queste parole come se fossero di vita quotidiana.
Illustrazione di Pia Valentinis su "Cani, gatti e il resto" |
E gli uccelli “Ci si sente soli senza gli uccelli perché piove forte, e i piccoli poeti non hanno l'ombrello”.
Fiori. Emily a ragazzina fa un erbario accurato, uno dei libri preferiti rimane il libro della botanica del Nord America che tutte le primavere lei rilegge come se fosse nuovo, perché così conosco di nuovo tutte le piante che ci circondano.
Leggere, scrivere e leggere. Una persona che scrive è anche una persona che legge. Ha una grande passione per Emily Brontë, autrice di Cime tempestose, ha letto anche la sorella Charlotte autrice di Jane Eyre, George Eliot, Elisabeth Barrett poetessa molto malata, che si è innamorata di un poeta, Robert Browning, con cui è scappata ed è andata a vivere a Firenze.
Ci sta dicendo che i libri non costano niente ma ci portano molto lontano.
Fra i tanti corrispondenti aveva anche bambini e ragazzi. C'è una lettera che scrive a dei ragazzi “Cari ragazzi vi prego non crescete mai, che è molto meglio. Vi prego, non migliorate mai, siete perfetti adesso”.
Famiglia. Fra le persone di famiglia c'era anche Susan, la moglie di suo fratello a cui ha dedicato una poesia molto bella “Ho una sorella in casa nostra, un'altra una siepe più in là. Una sola è registrata ma entrambe appartengono a me. Una è venuta dalla mia strada e portava il mio vestito smesso, l'altra come un uccello ha fatto il nido tra i nostri cuori. Oggi è lontano dall'infanzia, ma su e giù per le colline, ho tenuto stretta la sua mano che ha accorciato le miglia”.
Amore. Pia Valentinis ha dipinto un albero con le mele in riferimento a una bellissima poesia di Saffo, perché Emily è come una mela rimasta sull'albero. È una mela che non è mai stata colta. Non ha mai vissuto l'amore ma l'ha colto, l'ha bevuto, l'ha assaporato, sicuramente.
“Amore tu sei alto, io non posso scalarti, ma se fossimo due” per lei è sapere com'è quello che prova ma senza una risposta diretta, anche concreta. Fra l'altro quel signore di cui parlavo prima, rimasto vedovo, era un amico di suo padre, c'era un'immensità di anni tra loro, ma l'incontro di anime non ha età.
Successo. In tutto quel desiderare riconoscimento da parte del mondo, c'era il desiderio di possederlo.
“Non sappiamo mai quanto alti siamo
Finché non ci chiedono di alzarci.
E allora se teniamo fede al nostro piano
il cielo raggiungiamo.
L'eroismo che facciamo nostro
Sarebbe ordinaria cosa
Se per paura di essere re
Non ci piegassimo nella posa.”
Le poesie si possono interpretare in ogni modo. Io credo che qui lei ci dica Non bisogna mai avere paura di essere re.
Bianco. Ossessione del bianco che però si accompagna a un amore a tutti i colori dell'arcobaleno che racconta con una minuzia di particolari, un'accuratezza straordinaria, soprattutto nelle lettere
“Venerdì ho assaggiato la vita.
È stato un bel boccone.
Un circo è passato davanti a me,
sento ancora il rosso in testa
anche se i tamburi si sono azzittiti.”
“Ci piace marzo,
le sue scarpe sono viola”
E sul trascolorare delle stagioni: dall'autunno all'inverno
“Le colline si tolgono il frack violetto.
Indossano lunghe camicie bianche.
C'è qualcosa di bello e qualcosa di triste nella toeletta dell'anno.”
Violette sono i fiori che l'hanno accompagnata nella bara bianca. La morte ha sempre accompagnata Emily, che aveva tantissimi amici morti durante la guerra civile.
Morte. Lei spesso doveva scrivere lettere di cordoglio alle famiglie e scrive a un amico di famiglia pregandolo con onore di evitare la morte. Dà l'addio a tanti bambini e ne parla spesso con libertà.
“Chi sta morendo ha bisogno di poco, caro,
Un bicchier d'acqua gli basta
Il volto sommesso di un fiore
A punteggiare il muro.
Un ventaglio, forse, il rimpianto di un amico,
E che nell'arcobaleno
Non veda più colore
Quando te ne sarai andato”.
“Questa è l'ora di piombo
Che chi sopravvive ricorda
Come chi gela ricorda la neve
Prima freddo - poi stordimento -
poi lasciarsi andare”.
PS: Nel sottotitolo si parla di “Tredici parole per Emily Dickinson”, ma la tredicesima rimane al lettore cercarla. Chissà ognuno di noi quale sceglierà. Io sceglierei forse piccolo.
Qui potete trovare alcuni approfondimenti: Biblioragazzi, Rai Letteratura, SoloLibri, Liberweb, Apedario
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